Per il licenziamento illegittimo, dall'indennizzo va dedotto l'eventuale altro reddito percepito
Autore: Cinzia Pichirallo
Pubblicato il 22 febbraio 2011
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In caso di licenziamento ritenuto illegittimo dal giudice, nel calcolare la somma riconosciuta come risarcimento del danno per il lavoratore occorre considerare le altre attività remunerate svolte, nel lasso di tempo tra il licenziamento e la reintegra nel posto di lavoro, dal dipendente. L'importante principio è contenuto nella sentenza n. 4146 del 21 febbraio 2011 della sezione lavoro della Corte di Cassazione.
La pronuncia ha rammentato che per licenziamenti reputati illegittimi, effettuati in aziende con più di 15 dipendenti, vige la tutela reale secondo la quale nel momento in cui viene dichiarato invalido il licenziamento, il datore di lavoro viene condannato a reintegrare il lavoratore in azienda ed a risarcirlo del danno subito, tranne nel caso in cui il lavoratore non scelga l'indennità sostitutiva della reintegra. Il risarcimento dovuto è pari alle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino a quando non è avvenuta l’effettiva reintegra.
Nel caso studiato dalla Corte viene confermato che tale risarcimento deve essere decurtato delle somme percepite dal dipendente che abbia esercitato un'altra attività nel periodo dell'interruzione del rapporto; ciò anche se si tratta di attività socialmente utile. Infatti in questo caso non rileva la natura retributiva o assistenziale delle somme.
Per quanto riguarda l'eccezione relativa al fatto che il lavoratore aveva percepito un altro reddito nel periodo di non occupazione, i giudici di legittimità hanno affermato come questa possa essere rilevata non solo dal datore di lavoro ma anche d'ufficio dal giudice.
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