Pena pecuniaria al posto della detentiva, in base alle condizioni economiche

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Pena pecuniaria al posto della detentiva, in base alle condizioni economiche

Sì della Consulta alla nuova previsione sulla determinazione dell’ammontare della pena pecuniaria in sostituzione della pena detentiva, nei procedimenti per decreto penale di condanna.

Consulta: questione infondata

La Corte costituzionale ha giudicato infondata la questione sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese rispetto all’art. 459, comma 1-bis, del Codice di procedura penale, in tema di pena pecuniaria al posto della detentiva.

Si tratta della disposizione introdotta dalla recente Legge n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) ai sensi della quale, ai fini della determinazione dell’ammontare della pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice deve tener conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare; nella stessa disposizione è altresì sancito che, in ogni caso, “il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma di euro 75 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva e non può superare di tre volte tale ammontare”.

Le questioni di legittimità costituzionale della norma sono state sollevate in riferimento agli articoli 3, 27 e 111 della Costituzione.

I giudici rimettenti avevano prospettato, tra gli altri motivi, una possibile lesione al principio di eguaglianza, in relazione all’asserita irragionevole disparità di trattamento tra gli imputati giudicati con il procedimento per decreto penale, beneficiari del tasso di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria previsto dalla disposizione censurata, e gli imputati sottoposti a procedimento ordinario o agli altri riti speciali, soggetti al diverso tasso di conversione risultante dall’art. 135 del Codice penale.

Ampia discrezionalità del legislatore sui trattamenti sanzionatori

Sul punto, la Consulta - sentenza n. 155 del 21 giugno 2019 - ha ricordato come, secondo il costante orientamento della medesima Corte, il legislatore goda di un’ampia discrezionalità, in materia di determinazione dei trattamenti sanzionatori e di disciplina degli istituti processualpenalistici, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle opzioni prescelte.

Un vizio del genere, pertanto, non poteva ravvisarsi nella disposizione censurata.

I giudici costituzionali hanno precisato come il nuovo comma 1-bis dell’articolo 459 cod. proc. Pen – che, si rammenta, consente di determinare entro una forbice piuttosto ampia (da 75 a 225 euro) il tasso di conversione giornaliero della pena detentiva in sede di decreto penale di condanna – costituisce “la risposta del legislatore alle esigenze emerse nella prassi, calibrate sulle specificità del procedimento per decreto”.

Si tratta di “un procedimento che scommette sulla possibilità che l’imputato accetti la pena irrogatagli al di fuori del contraddittorio, con conseguente prezioso risparmio di energie per la giurisdizione penale, in cambio – in genere – di un consistente sconto rispetto allo stesso minimo edittale della pena e – in ogni caso – a fronte della rinuncia alla pena detentiva da parte della pubblica accusa”.

Inoltre - si legge nella decisione - la graduazione della sanzione pecuniaria a seconda delle condizioni economiche dell’imputato e del suo nucleo familiare, lontano dal risultare lesiva dell’articolo 3della Costituzione, “ne realizza precipuamente il fine di evitare un’impropria parificazione di situazioni e condizioni tra loro diverse”.

Difatti, la considerazione delle condizioni economiche del reo nella determinazione della pena pecuniaria costituisce un naturale riflesso dello stesso principio costituzionale di eguaglianza.

Così, proprio tali differenti condizioni economiche giustificano la commisurazione di sanzioni di diversa entità, pur a fronte di illeciti di pari gravità.

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