Parità di genere: in arrivo premi e sanzioni per le imprese
Pubblicato il 15 ottobre 2021
In questo articolo:
- Relazione biennale al Parlamento
- Discriminazione diretta e indiretta
- Rapporto biennale del personale: obbligo esteso
- Rapporto biennale del personale: contenuti da definire con decreto
- Rapporto biennale del personale: sanzioni
- Certificazione della parità di genere: criteri di concessione
- Certificazione della parità di genere: premi per le imprese
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Primo via libera della Camera, all'unanimità, alla proposta di legge a testo unificato che modifica il codice sulle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo al fine di sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi.
Il testo unificato delle proposte di legge (A.C.522-615-1320-1345-1675-1732-1925-2338-2424-2454-A), composto in tutto da 6 articoli, passa ora all'esame del Senato.
Relazione biennale al Parlamento
L'articolo 1 prevede che siano la consigliera o il consigliere nazionale di parità (e non più il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, come attualmente previsto dall'art. 20 del codice sulle pari opportunità, D.Lgs. 198/2006) a presentare la relazione biennale al Parlamento sui risultati del monitoraggio sull'applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del Codice delle pari opportunità, anche sulla base del rapporto che gli stessi soggetti elaborano entro il 31 marzo di ogni anno sulla propria attività e su quella dalla Conferenza nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità, nonché, come già previsto, delle indicazioni fornite dal Comitato nazionale.
In sede di prima applicazione, la suddetta relazione è presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della legge in via di approvazione.
Discriminazione diretta e indiretta
L'articolo 2 interviene sulla definizione di discriminazione diretta e indiretta contenuta nell'art. 25 del D.Lgs. 198/2006, ampliandola.
Viene in primo luogo riformulato il concetto di atto discriminatorio. E' da intendersi tale ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
- posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
- limitazione dell'accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
Il novero dei soggetti tutelati, potenziali vittime di comportamenti discriminatori, è esteso alle candidate e ai candidati in fase di selezione del personale.
Infine, tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta sono inseriti anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro.
Rapporto biennale del personale: obbligo esteso
L'articolo 3 interviene sulle modalità di redazione del rapporto biennale relativo alla situazione del personale modificando l'articolo 46 del codice delle pari opportunità.
L'obbligo di redigere è previsto con cadenza biennale (cade la previsione per cui il rapporto va redatto almeno ogni due anni) ed esteso alle aziende (pubbliche e private) che impiegano più di 50 dipendenti (attualmente è obbligatorio solo per le aziende con oltre 100).
Le aziende che occupano fino a 50 dipendenti possono redigerlo su base volontaria.
Il rapporto va redatto in modalità esclusivamente telematica, attraverso la compilazione di un modello pubblicato nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali. La consigliera e il consigliere regionale di parità sono tenuti, dopo aver elaborato i relativi risultati, a trasmettere il rapporto anche alle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro, al CNEL e all'Istat, oltre che, come attualmente previsto, alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità.
Il Ministero del lavoro pubblica l'elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e di quelle che non lo hanno trasmesso.
Rapporto biennale del personale: contenuti da definire con decreto
Con decreto interministeriale verranno definite:
- le indicazioni per la redazione del rapporto, comprendenti il numero dei lavoratori occupati distinti per sesso (non deve essere indicata l'identità del lavoratore), il numero delle lavoratrici in stato di gravidanza, il numero degli eventuali lavoratori distinti per sesso assunti nel corso dell'anno, le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso, l'inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato, l'importo della retribuzione complessiva corrisposta, delle componenti accessorie del salario, delle indennità, anche collegate al risultato, dei bonus e di ogni altro beneficio in natura ovvero di qualsiasi altra erogazione che abbia eventualmente riconosciuto a ciascun lavoratore;
- l'obbligo di inserire nel rapporto informazioni e dati sui processi di selezione e di reclutamento, sulle procedure utilizzate per l'accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sugli strumenti e sulle misure resi disponibili per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera;
- le modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell'azienda;
- le modalità di trasmissione alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, entro il 31 dicembre di ogni anno, dell'elenco, redatto su base regionale, delle aziende con più di 50 dipendenti tenute all'obbligo di redazione del rapporto, nonché le modalità di trasmissione alle consigliere e ai consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta degli elenchi riferiti ai rispettivi territori.
Rapporto biennale del personale: sanzioni
Sempre l'articolo 3 modifica il codice delle pari opportunità prevedendo per le aziende inottemperanti all'obbligo di presentazione e di redazione del predetto rapporto:
- l'applicazione della sanzione (non più facoltativa) della sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti se l'inottemperanza si protrae per oltre 12 mesi rispetto al termine di 60 giorni concesso alle aziende inadempienti per provvedervi;
- l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro nel caso di rapporto mendace o incompleto. La verifica è affidata all'Ispettorato nazionale del lavoro.
Certificazione della parità di genere: criteri di concessione
Viene istituita, a decorrere dal 1° gennaio 2022, la certificazione della parità di genere per attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. (articolo 4).
Viene affidata ad uno o più DPCM la definizione:
- dei parametri minimi per il conseguimento della certificazione;
- delle modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- delle modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri territoriali e regionali di parità nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri;
- delle forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.
Si prevede, inoltre, l'istituzione di un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese. I componenti di tale comitato non hanno diritto a compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o ad altri emolumenti comunque denominati.
Certificazione della parità di genere: premi per le imprese
L'articolo 5 riconosce alle aziende private in possesso della certificazione della parità di genere uno sgravio, per il 2022, dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro.
Lo sgravio concesso, nel limite di 50 milioni di euro annui, è determinato annualmente in misura non superiore all'1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile, con decreto interministeriale, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno.
Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Il beneficio può essere previsto anche per gli anni successivi al 2022, a condizione che sia emanato un provvedimento che stanzi le risorse finanziarie.
Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della predetta certificazione della parità di genere, viene poi riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di Autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Resta fermo quanto disposto dall'art. 47 del D.L. 77/2021 che prevede l'eventuale assegnazione di un punteggio aggiuntivo all'offerente o al candidato che rispetti determinati requisiti, nell'ambito delle procedure di gara relative agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con risorse del PNRR o del Piano nazionale per gli investimenti complementari.
Società pubbliche non quotate
L'articolo 6, infine, estende alle società pubbliche non quotate le norme in tema di equilibrio di genere negli organi di amministrazione di cui all'articolo 147-ter, comma 1-ter, del Testo Unico dell'intermediazione finanziaria – TUF (Dlgs. n. 58 del 1998).
In conclusione, per il riparto degli amministratori e per 6 mandati consecutivi il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti anche nelle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati.
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