Tempo tuta e passaggio di consegne vanno retribuiti: in quali casi?

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Tempo tuta e passaggio di consegne vanno retribuiti: in quali casi?

Il tempo tuta ed il passaggio di consegne fra un turno e l’altro di lavoro rientrano nell'orario lavorativo e, come tali, vanno retribuiti.

Questo l’orientamento della Corte di Cassazione che, con due distinte ordinanze datate 31 agosto 2023, la numero 25477 e 25478, ha ribadito il concetto più volte espresso nel corso degli ultimi anni, ciò nonostante oggetto di numerose questioni dottrinarie e giurisprudenziali per la mancanza di una disciplina legislativa specifica.

Tempo tuta e passaggio di consegne: nozione

Con la dizione “tempo tuta” ci si riferisce quel periodo di tempo che il lavoratore dipendente impiega per vestirsi in modo adeguato a svolgere la propria prestazione lavorativa.

Il passaggio di consegne è invece quel lasso di tempo in cui il lavoratore mette a disposizione le proprie energie operative per quanto necessario alla prestazione del turno successivo al proprio, non diversamente dai tempi necessari alla vestizione.

Entrambe le questioni, come sopra accennato, sono state oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali ma anche interpretative da parte del Ministero del lavoro (Interpello n. 1/2020), tutte concordi nell’includere tali “tempi morti” nell’orario di lavoro a pieno titolo.

Tempo tuta e passaggio di consegne compresi nell’orario di lavoro

In entrambi i casi esaminati la suprema Corte dunque conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale emerso negli anni in tal senso.

Vediamo le argomentazioni addotte dagli ermellini.

Con l’ordinanza n. 25477 del 31 agosto 2023 la società ricorrente contestava il diritto del lavoratore ad essere remunerato per i tempi di vestizione e di passaggio delle consegne in nome del Regolamento interno aziendale sottoscritto in senso contrario dalle Parti; tale motivo non è stato accolto dalla Corte.

Ai sensi, infatti, dell’art. 6 comma 2 della legge n. 142/2001, il regolamento aziendale non può contenere disposizioni derogatorie in peius rispetto alle condizioni di lavoro ed economiche stabilite dalla contrattazione collettiva e, se presenti, tali eventuali clausole sono nulle.

Detto principio di non derogabilità in peius può inoltre subire eccezioni esclusivamente in presenza di deliberazione del Piano di crisi aziendale contenente puntuale indicazione degli elementi che ne sono alla base, della temporaneità delle misure concordate e del nesso causale esistente tra la crisi medesima e gli interventi applicati sulla retribuzione del lavoratore.

Non essendo sussistenti tali presupposti, la Corte ribadisce quindi quanto contenuto nell’art. 1, comma 2 lettera a) del D.Lgs. n. 66/2003 a norma del quale per orario di lavoro si intende qualunque periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro nell’esercizio delle proprie funzioni.

Tempo tuta e risarcimento per il lavaggio

Di simile tenore è la questione oggetto dell’ordinanza n. 25478/2023 con cui alcuni lavoratori, dipendenti di una nota società di trasporti nazionale, agivano in giudizio per ottenere non solo un compenso per la vestizione e la dismissione della divisa giornaliera, ma anche per le spese affrontate per mantenere le divise in stato di efficienza.
Le domande, rigettate dai giudici di primo e secondo grado, sono state invece accolte dalla suprema Corte in relazione al solo risarcimento del danno per mancato lavaggio e stiratura della divisa da parte della società.
Per quanto riguarda invece il compenso per la vestizione e svestizione, era risultata insussistente l’imposizione ai dipendenti dell’obbligo di indossare gli abiti da lavoro negli appositi spogliatoi aziendali, potendo gli stessi recarsi al lavoro e far ritorno a casa in divisa, come disposto dal Regolamento aziendale.
Pertanto, conclude la Corte, all’esito dell’accertamento circa la concreta gestione del tempo tuta presso la società, va escluso l’elemento dell’eterodirezione quale potere direttivo e organizzativo equiparabile al tempo di lavoro, in cui si traduce la messa a disposizione atta a generare il corrispettivo obbligo di remunerazione.

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