Non tassabile il risarcimento del danno alla professionalità
Pubblicato il 05 febbraio 2021
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La Corte di Cassazione torna sul tema della non assoggettabilità a tassazione delle somme percepite a titolo di risarcimento del danno da dequalificazione professionale con l'ordinanza n. 2472, Sez. Lavoro, del 3 febbraio 2021.
Danno alla professionalità e natura risarcitoria del credito
Un datore di lavoro è chiamato in giudizio dal dipendente che chiede di essere risarcito per il danno alla professionalità subito.
Condannato dal Tribunale al pagamento di una somma pari al 50% della retribuzione mensile, il datore di lavoro adempie solo in parte alla disposizione giudiziale.
Il lavoratore chiama nuovamente in causa il datore di lavoro chiedendo la sua condanna al risarcimento del danno alla professionalità.
Il Tribunale accoglie la domanda del lavoratore ritenendo che la liquidazione dell'importo determinato in sede giudiziaria debba avvenire al lordo del credito vantato dal lavoratore.
Avverso la sentenza di primo grado il datore di lavoro propone ricorso alle Corte di appello che conferma la pronuncia di primo grado rilevando la natura risarcitoria (quale danno emergente) del credito a titolo di danno non patrimoniale alla professionalità e la conseguente non configurabilità degli importi dovuti come reddito ai sensi dell'art. 49 comma 1 del TUIR (DPR n. 917/86).
Di qui il ricorso per cassazione del datore di lavoro, cui resiste con controricorso il lavoratore.
Dequalificazione professionale e TUIR
La ricorrente datrice di lavoro denuncia l'erronea decisione della Corte di appello avendo la stessa ritenuto che il danno liquidato, avvenuto espressamente a titolo di "danno non patrimoniale alla professionalità", non avesse carattere retributivo.
A supporto della sua tesi, la ricorrente richiama il disposto di cui agli artt. 51 del TUIR e 6 comma 2 TUIR secondo cui tutte le indennità conseguite dal lavoratore a titolo di risarcimento danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi da lavoro dipendente, salva la possibilità del lavoratore di dimostrare che l'indennità si riferisca a voci di risarcimento puro.
La Corte di merito, aggiunge la ricorrente, non ha poi considerato che, in base agli artt. 48 comma 1 e art. 6 comma 2 del TUIR, il danno da dequalificazione professionale è riconducibile nell'alveo del "lucro cessante" e di conseguenza tassabile e non in quello del "danno emergente".
La somma liquidata è fiscalmente rilevante, ad avviso della ricorrente, in quanto ristoro del mancato conseguimento di redditi ovvero perché ne costituisce "sostituzione o surrogazione nella misura in cui era configurabile nella medesima categoria del reddito perduto o sostituito".
Il danno alla professionalità non costituisce reddito
I giudici della Suprema Corte richiamano 4 precedenti pronunce in tema di dequalificazione professionale:
- la Cass. n. 24585 del 2019 che ritiene risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o di svilirne i compiti;
- le Cass. n. 2549 del 2011, n. 29579 del 2011 e n. 5108 del 2019, secondo le quali tale tipologia del pregiudizio rientrano nella fattispecie del danno emergente e non del lucro cessante (ravvisabile nelle ipotesi di perdita derivante dalla mancata percezione di redditi di cui siano maturati tutti i presupposti) e conseguentemente non può essere considerata reddito soggetto a tassazione.
Alla luce delle citate argomentazioni, la Corte di Cassazione ritiene infondati i motivi di ricorso, che viene rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
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