No all’acquisizione indistinta di tutti i file in possesso dell’avvocato

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No all’acquisizione indistinta di tutti i file in possesso dell’avvocato

E’ stata annullata, dai giudici di Cassazione, un’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva dichiarato inammissibili le richieste di riesame presentate da un avvocato, coindagato in una vicenda penale, avverso i decreti di perquisizione e sequestro di documentazione e supporti informatici presso il proprio studio legale.

La decisione di inammissibilità della richiesta di riesame era stata motivata dalla ritenuta carenza originaria di interesse all'impugnazione, in quanto il Tribunale aveva escluso che, nell'attività di estrazione di copia degli interi archivi informatici rinvenuti nello studio del legale, potesse ravvisarsi un sequestro.

Conseguentemente, aveva escluso la proponibilità della richiesta medesima per il principio di tassatività dei mezzi di gravame e, a sostegno di ciò, aveva espressamente richiamato i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18253/2008 con riferimento all'ipotesi in cui il computer sequestrato venga restituito all'avente diritto previa estrazione di copia.

Cassazione: sussiste un interesse ad impugnare

Per gli Ermellini, tuttavia, non poteva affatto condividersi quanto incidentalmente affermato dal Tribunale in ordine alla mancata allegazione di un interesse del legale alla disponibilità esclusiva delle informazioni contenute nei documenti.

Con sentenza n. 53810 del 29 novembre 2017, la Suprema corte ha quindi accolto, con rinvio, l’impugnazione dell’avvocato, ritenendo che potesse indubbiamente ravvisarsi, nella prospettazione formulata dal ricorrente, la sussistenza di uno specifico interesse nel senso precisato dalle Sezioni unite.

Non era stato evidentemente considerato dal giudice di merito che tra le doglianze dedotte in ricorso, vi era quella concernente l'acquisizione indistinta di tutta la documentazione in possesso del deducente, relativa agli ultimi 30 anni della sua professione di avvocato, senza che ne fosse stata indicata, neanche in seguito, la parte riconducibile alle ipotesi di reato oggetto di indagine.

Detta modalità operativa – aveva in proposito lamentato il difensore - aveva violato il principio del necessario collegamento che deve sussistere tra quanto appreso in sede di sequestro probatorio ed i reati ipotizzati, ed era anche risultata “invasiva di posizioni soggettive, sia del destinatario dell'atto di indagine che di terzi”.

Ne conseguiva, in definitiva, la fondatezza del motivo concernente l'interesse del legale ad impugnare, nonché la conseguente ammissibilità della richiesta di riesame presentata.

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