"Ne bis in idem" non censurabile in Cassazione
Autore: Eleonora Mattioli
Pubblicato il 21 maggio 2015
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Con sentenza n. 20887 depositata il 20 maggio 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha respinto il ricorso di un indagato - per reato di omesso versamento Iva - avverso la decisione con cui il Tribunale del riesame confermava il provvedimento di sequestro preventivo dei suoi beni ai fini della confisca.
Nel respingere il ricorso, la Cassazione ha chiarito come in sede di legittimità non possa essere presa in considerazione la questione proposta dal ricorrente circa la sussistente identità di oggetto tra il procedimento fiscale amministrativo (cui lo stesso era stato precedentemente sottoposto) e quello penale attualmente pendente a suo carico (in violazione dunque del principio di ne bis in idem come sancito sia dall'art. 649 c.p.p.che dalla giurisprudenza della Corte Cedu).
Per affrontare detta censura, infatti, la Suprema Corte avrebbe dovuto effettuare una serie di valutazioni di merito ad essa tuttavia inibite.
D'altra parte è pacifico che il ricorso in Cassazione avverso le ordinanze in materia di riesame delle misure cautelari, sia ammesso solo per violazione di legge, che può consistere anche in un difetto assoluto di motivazione, formale o sostanziale, che si identifica come mancanza di elemento essenziale dell'atto. Ma nel caso di specie, tuttavia, il deficit motivazionale non è tale da configurare un'errata applicazione di norme di legge.
Dando comunque atto di un contrastante orientamento giurisprudenziale in materia, la Cassazione ha conclusivamente aderito a quello secondo cui non è deducibile in sede di legittimità la violazione del divieto "ne bis in idem", in quanto è precluso in tale sede l'accertamento di fatto necessario a verificare la preclusione derivante dalla coesistenza di procedimenti per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona.
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