NASPI, diniego dell’INPS e procedura ispettiva

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NASPI, diniego dell’INPS e procedura ispettiva

Premesse sulla NASPI

Il D.lgs. n. 22/15 ha disegnato nuovamente il sistema della c.d. tutele esterne al rapporto di lavoro, cioè delle misure finalizzate a garantire il sostegno al reddito del lavoratore privo di occupazione, perché espulso dal mercato del lavoro.
Il nuovo strumento di sostegno al reddito è stato denominato dal Legislatore della riforma “Nuova assicurazione sociale per l’impiego” (c.d. NASPI) e interviene su una materia che già era stata incisa dalla L. n. 92/12 (c.d. riforma Fornero). Quest’ultima, in particolare, nel prefiggersi l’obiettivo di garantire l’universalità della tutela e l’eliminazione delle disparità tra le varie misure di sostegno al reddito, aveva disposto la soppressione, a decorrere dal 01/01/2013, dell’indennità di disoccupazione e l’introduzione di una diversa misura denominata “Assicurazione sociale per l’Impiego” (c.d. ASPI).
Poiché la nuova tipologia di intervento non si discostava molto dai criteri di funzionamento del pregresso ammortizzatore, il D.lgs. n. 22 cit. cerca di realizzare una effettiva universalità e omogeneità delle tutele, ancorando la NASPI alla storia contributiva del lavoratore e introducendo, a chiusura del sistema, una misura di natura assistenziale denominata “Assegno di disoccupazione” (c.d.), la cui erogazione è prevista quando il lavoratore, al termine della fruizione della NASPI e dei percorsi di politiche attive di reinserimento, si trovi ancora privo di occupazione.
Con il presente contributo non ci si prefigge lo scopo di commentare analiticamente i requisiti normativamente previsti per l’accesso alla NASPI, ma quello di verificare i possibili percorsi procedimentali che il lavoratore potrebbe trovarsi ad azionare qualora non si veda immediatamente riconosciuta l’erogazione dell’indennità in questione.

Stato di disoccupazione

Prima di ciò appare opportuno riassumere per sommi capi i presupposti per la fruizione della NASPI, la quale postula lo stato di disoccupazione involontaria del lavoratore. Quindi esulano dalla fruizione del beneficio i lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni (ma non per giusta causa, cfr. art. 3 del D.lgs. n. 22 cit. e circolare INPS n. 97/2003) o che, salvo ipotesi particolari (es. licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui all’art. 6 comma 1 del D.lgs. n. 23/15), abbiano risolto consensualmente con il datore di lavoro il rapporto di lavoro.

Destinatari della NASPI

La NASPI è stata prevista solo in favore dei lavoratori subordinati. Rientrano tra i destinatari del trattamento gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato, e i dipendenti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni. Per i collaboratori coordinati e continuativi invece l’art. 15 del D.lgs. n. 22 ha stabilizzato l’indennità denominata DISS-Col già introdotta in via sperimentale dalla L. n. 92 cit..

Requisiti amministrativi e contributivi

Per quanto concerne, invece, i requisiti amministrativi e contributivi previsti per l’accesso alla NASPI si registra una netta differenza rispetto al sistema configurato dalla L: n. 92 cit. Invero l’art. 2, comma 4 lett. b) della L. n. 92 cit. richiedeva il possesso da parte del lavoratore disoccupato di due anni di anzianità assicurativa e di 52 settimane di contribuzione maturate nel biennio antecedente al verificarsi dell’evento che aveva generato la perdita di lavoro. Di contro, l’art. 3 del D.lgs. n. 22 cit. richiede che il lavoratore abbia maturato alternativamente:

  • 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Per contribuzione utile si intende anche quella dovuta, ma non versata. Ai fini del diritto sono valide tutte le settimane retribuite, purché risulti erogata o dovuta per ciascuna settimana, una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali.
  • 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. Per giornate di effettivo lavoro si intendono quelle di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria.

Entità e durata della NASPI

L’indennità è commisurata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni divisa per il totale delle settimane di contribuzione e moltiplicata per il coefficiente numerico 4,33 (cfr. circolare INPS n. 94/2015). La NASPI è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni e spetta:

  • dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro, se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno;
  • dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda, nel caso in cui questa sia presentata dopo l’ottavo giorno.

La domanda per conseguire la NASPI

La domanda amministrativa costituisce il primo presupposto per avviare il procedimento amministrativo finalizzato al conseguire il trattamento di sostegno al reddito.
Va premesso, e sottolineato, che la domanda è necessaria, non solo sotto il profilo sostanziale, affinché il diritto possa essere riconosciuto dall’Ente, ma anche sotto il profilo processuale, giacché senza l’istanza amministrativa, l’eventuale azione giurisdizionale non è proponibile.
La domanda amministrativa deve essere presentata dal lavoratore all’INPS, esclusivamente in via telematica e nel termine decadenziale di sessantotto giorni, che decorre:
1. dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro;
2. dalla data di definizione della vertenza sindacale o dalla data di notifica della sentenza giudiziaria;
3. dal trentesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.
L’INPS è tenuto a provvedere, accogliendo, anche parzialmente, o respingendo l’istanza, nel termine di 120 giorni, decorrenti dalla data di presentazione della domanda amministrativa.
Ai sensi dell’art 7 della L. 533/73, la richiesta dell’Istituto assicuratore si intende respinta quando siano trascorsi 120 giorni dalla data di presentazione senza che l’istituto si sia pronunciato.

Il ricorso amministrativo

In tale evenienza il lavoratore, prima di adire l’autorità giurisdizionale, deve esperire ricorso amministrativo ai sensi dell’art. 46 comma 1 lett. d) della L. n. 88/89 al Comitato Provinciale dell’INPS.
Stante il disposto di cui all’art. 46 comma 5 della L. n. 88 cit., il termine per ricorrere al Comitato provinciale è di novanta giorni, decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento impugnato, ovvero dalla data di formazione del silenzio rigetto. Il comma 6 del medesimo articolo 46 dispone, invece, che decorsi inutilmente novanta giorni dalla data della presentazione del ricorso, il lavoratore ha la facoltà di adire l’autorità giudiziaria. In assenza di proposizione del ricorso la domanda giudiziale non è procedibile.
Va rilevato che l’art. 47 comma 3 del D.P.R. n. 639/70 sottopone l’azione giurisdizionale al termine di decadenza di un anno decorrente dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunciata dal Comitato Provinciale o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronuncia della predetta decisione. Sul punto la S.C. ha osservato recentemente che il predetto termine di decadenza è dettato “[…] a protezione dell’interesse pubblico alla definitività e certezza dei provvedimenti concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci pubblici, sicché è sottratta alla disponibilità della parte, è rilevabile d’ufficio - salvo il limite del giudicato - in ogni stato e grado del giudizio ed è opponibile, anche tardivamente, dall’istituto previdenziale” (cfr. Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 29/02/2016, n. 3990; cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 19/03/2014, n. 6331).
Va osservato che, ai sensi dell’art. 47 comma 5 del d.P.R. n. 639 cit., l’INPS è tenuto ad indicare nel provvedimento adottato sulla domanda formulata dal lavoratore, i gravami che possono essere proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini. Inoltre l’Ente è tenuto, altresì, a precisare i presupposti e i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria.
Si pone l’eventualità in cui l’INPS fornisca informazioni incomplete o inesatte, che inducano in errore il lavoratore e che portino conseguentemente quest’ultimo a proporre azione giurisdizionale dopo che siano spirati i termini di decadenza testé descritti. Secondo l’indirizzo recentemente espresso dalla S.C., le indicazioni errate fornite dall’INPS non sono idonee ad incidere sul decorso dei termini di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, di cui all’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, giacché siffatti termini sarebbero “[…] stabiliti da disposizioni di ordine pubblico, indisponibili dalle parti” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 20/05/2015, n. 10376).

Procedimento per conseguire la NASPI e procedimento ispettivo

La tematica complessiva assume un connotato peculiare ove il lavoratore, a causa di un’errata qualificazione del proprio rapporto, perché sussunto dal datore di lavoro in uno schema diverso tra quelli previsti dagli artt. 2 e 13 del D.lgs. n. 22 cit., si veda respinta dall’INPS la domanda per conseguire la NASPI e conseguentemente sporga denuncia al Servizio ispettivo, affinché quest’ultimo accerti la corretta qualificazione del rapporto di lavoro.
Per un’analisi della situazione va premesso che la verifica ispettiva dispiega, in generale, effetti amministrativi e, conseguentemente, è protesa a tutelare interessi appannaggio del Ministero del lavoro. Salve alcune ipotesi peculiari, come la diffida accertativa per crediti patrimoniali, solo indirettamente gli effetti dei verbali incidono sulle posizioni soggettive del lavoratore e, comunque, tali verbali non sono dotati di esecutorietà, di tal che la mancata ottemperanza agli stessi si traduce per il destinatario nell’obbligo di corrispondere importi sanzionatori.
Inoltre per il principio di autonomia e di pluralismo degli enti, le determinazioni assunte all’esito della verifica svolta dalla DTL non costituiscono un atto pregiudiziale per le scelte operative dell’INPS. In altre parole, i verbali degli ispettori della DTL non condizionano le modalità mediante le quali l’INPS intende tutelare gli interessi di propria competenza: l’Istituto è libero di accogliere o discostarsi dalle decisioni contenute nei predetti verbali, anche se, per amor del vero, spesso si riscontra un’attività di uniformazione operativa dell’Ente ai contenuti dei verbali della DTL.
Tali assunti spiegano perché il lavoratore, che intende accampare pretese nei confronti dell’INPS per l’ottenimento della NASPI, non può crogiolarsi dietro l’attivazione della denuncia formulata all’organo ispettivo e attendere l’esito della verifica prima di coltivare le relative azioni procedimentali e giurisdizionali.
Anzi, proprio per il principio di autonomia degli organi amministrativi e dell’indisponibilità dei termini di decadenza, è onere dell’interessato curare scrupolosamente tutto il procedimento amministrativo, anche di natura giustiziale (ricorso amministrativo), volto al conseguimento della prestazione previdenziale, indipendentemente dalla pendenza e dall’esito del procedimento ispettivo.
Ove il procedimento abbia esito negativo, sempre nel rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 47 comma 3 del d.P.R. 639, è facoltà dell’interessato adire l’organo giurisdizionale.
Semmai, ove il procedimento ispettivo sia favorevole al lavoratore, nel senso che il rapporto di lavoro venga sussunto in uno degli schemi di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 22 cit., e qualora l’INPS, in tale evenienza non rimuova in autotutela le proprie pregresse determinazioni negative, allora gli atti istruttori ispettivi potranno essere acquisiti nell’eventuale giudizio promosso dal lavoratore, secondo le forme previste dalla normativa processuale, onde supportare la domanda promossa da quest’ultimo.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.

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