Matrimonio gay non trascrivibile, tutela unioni civili
Pubblicato il 15 maggio 2018
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L’atto di matrimonio formato all’estero da un cittadino straniero e un cittadino italiano non è trascrivibile in Italia.
Non per questo può affermarsi l’esistenza, nel nostro Paese, di un quadro discriminatorio per ragioni di orientamento sessuale o un’interpretazione convenzionalmente e costituzionalmente incompatibile con il limite antidiscriminatorio.
Difatti, la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d’Europa è “rimessa al libero apprezzamento degli Stati membri, salva la definizione di un standard di tutele coerenti con l’interpretazione del diritto alla vita familiare ex articolo 8 fornita dalla Corte Edu”.
Applicabili le tutele delle unioni civili
E si ha, pertanto, l’applicabilità diretta dell’articolo 32 - bis della Legge n. 218/1995 in quanto norma diretta proprio a regolare la circolazione ed il riconoscimento degli atti di matrimonio contratti da coppie omoaffettive all’estero.
Anche in questo caso, quindi, il matrimonio contratto all’estero produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana (ossia, ex Legge n. 76/2016).
E’ quanto si legge nel testo della sentenza n. 11696 del 14 maggio 2018, pronunciata dalla Corte di cassazione, Prima sezione civile, con riferimento alla vicenda di una coppia omosessuale, formata da un cittadino italiano e un cittadino straniero, che aveva chiesto la trascrizione, in Italia, del matrimonio contratto all’estero.
Nessuna discriminazione
Da un lato – ha precisato la Corte - non è ravvisabile, tra cittadini italiani, alcuna discriminazione, che, anzi, potrebbe individuarsi nella scelta ermeneutica contraria; dall’altro, non è del pari rilevabile alcuna discriminazione per orientamento sessuale dei cittadini stranieri in ordine alla libertà di circolazione e di stabilimento.
Difatti, l’unione omoaffettiva riconosciuta all’estero, secondo il paradigma matrimoniale, non è priva di effetti nel nostro ordinamento e la regolazione dei rapporti personali e patrimoniali tra i componenti dell’unione rimane disciplinata dal sistema generale di diritto internazionale privato.
Norme su unioni civili applicabili anche “retroattivamente”
La legge n. 76/2016 sulle unioni civili e i successivi decreti legislativi, in detto contesto, sono applicabili anche nell’ipotesi in cui il matrimonio sia stato celebrato prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.
Per la Corte, infatti, l’applicazione delle norme in esame ai rapporti sorti prima della loro entrata in vigore non costituisce una deroga al principio di irretroattività della legge, “ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nell’ordinamento”.
Con l’unione civile, infatti, si costituisce uno status tipicamente a natura non istantanea che determina la necessaria applicazione, in tema di riconoscimento degli effetti di esso in un ordinamento diverso da quello in cui il vincolo è stato contratto, del regime giuridico vigente al momento della decisione, “non essendo costituzionalmente compatibile una soluzione che, solo in virtù di una preclusione temporale, potrebbe impedire il riconoscimento di effetti giuridici all’interno del nostro ordinamento a cittadini italiani e stranieri”.
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