Mancato versamento ritenuta d'acconto
Pubblicato il 19 gennaio 2017
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Il commercialista che omette di inserire fra le poste attive della dichiarazione la ritenuta d'imposta non versata dal cliente rischia una condanna penale, in quanto l'importo dovuto dal cliente è da computare ai fini del calcolo dell'imposta evasa, come definita dal Dlgs n. 74/2000.
Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 2256 del 18 gennaio 2017, con la quale viene resa definitiva la condanna di un professionista, accusato di non aver indicato nell'attivo della dichiarazione la ritenuta fiscale non versata dal cliente.
Il fatto
Ad un commercialista era stato contestato di aver indicato, nella dichiarazione per l’anno 2012, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo e, di conseguenza, era stato indagato per il reato di dichiarazione infedele (articolo 4, DLgs. n. 74/2000).
Contro l 'ordinanza che disponeva il sequestro preventivo sui suoi beni, il professionista ricorreva in Cassazione, lamentando il fatto che non era stata superata la soglia di punibilità prevista per il reato di dichiarazione infedele e che il tribunale del riesame non aveva interpretato in maniera esatta la nozione di imposta evasa ai sensi dell'articolo 1, lettera f), del Dlgs n. 74/2000.
Reato di infedele dichiarazione
La Corte di Cassazione – Terza sezione penale – con la sentenza n. 2256/2017 respinge il ricorso del professionista e sancisce che, in caso di mancato versamento della ritenuta d'acconto da parte del sostituto di imposta e sempre che sia stata superata la relativa soglia di punibilità quantitativa e percentuale, integra il reato di infedele dichiarazione previsto dall'articolo 4 del Dlgs n. 74/2000, la condotta del sostituito che indica nella dichiarazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quelli effettivi, non inserendo tra i componenti positivi gli importi della ritenuta d'acconto operata dal sostituto d'imposta e da questi non versata, costituendo tali poste elementi attivi del reddito che concorrono alla determinazione dell'imposta evasa (così come definita dal richiamato articolo 1, lettera f), Dlgs n. 74/2000).
La Corte conclude le sue motivazioni evidenziando, poi, che sebbene la legge definisca il sostituto d'imposta come colui che è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, ciò non toglie che anche il sostituito debba ritenersi obbligato solidale: perciò il sostituito non è sottratto agli obblighi dichiarativi a suo carico se il sostituto non vi adempie.
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