Liquidazione spese legali: la Cassazione ribadisce i principi
Pubblicato il 13 settembre 2019
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La Cassazione ha ricordato i principi che presiedono la liquidazione delle spese legali nella vigenza del regime anteriore ai parametri ex DM n. 55/2014.
Lo ha fatto nel testo della decisione n. 22742 del 12 settembre 2019 con cui ha cassato, con rinvio, una decisione di merito, pronunciata nell’ambito di una causa azionata da una donna al fine del risarcimento dei danni subiti a seguito di sinistro stradale.
La Suprema corte, in particolare, ha accolto i motivi di ricorso che attenevano la liquidazione delle spese legali operata dal giudice di merito e con cui era stato lamentato, da un lato, che il valore della causa fosse molto più alto da quello al quale l’organo giudicante si era riferito per la liquidazione medesima, ritenuta riduttiva, dall’altro, il mancato riconoscimento all’avvocato delle spese stragiudiziali.
Liquidazione spese ricondotta al valore della causa: criterio del disputatum
Per quanto riguarda il primo profilo, gli Ermellini, dopo aver ricordato come fosse pacifico che, alla data della decisione assunta, doveva applicarsi il DM n. 127/2004 e che la liquidazione dei diritti e degli onorari doveva essere ricondotta al valore della controversia, hanno ribadito quanto già chiarito, in sul tema, dalla giurisprudenza di legittimità.
Hanno così spiegato che, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa andava fissato sul criterio di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (criterio del “disputatum”).
Ciò, tenendo conto che, in caso di accoglimento solo in parte delle domande ovvero di parziale accoglimento dell’impugnazione, il giudice doveva considerare il contenuto effettivo della sua decisione (criterio del “decisum”), salvo che la riduzione della somma o del bene attribuito non conseguisse ad un adempimento intervenuto, nel corso del processo, ad opera della parte debitrice, convenuta in giudizio: in questo caso il giudice, su istanza della parte interessata, doveva tenere conto non di meno del “disputatum”, ove avesse riconosciuto la fondatezza dell’intera pretesa.
A seguire la Corte ha anche precisato che:
- per la determinazione del valore della causa, gli interessi scaduti si sommano al valore del capitale;
- per l’individuazione di essa, ove siano stati pagati acconti in sede stragiudiziale e prima dell’incadrinamento del processo, essi vanno detratti dall’importo complessivamente riconosciuto per i titoli dedotti.
Spese legali stragiudiziali: danno emergente
Rispetto alla questione relativa alle spese di assistenza legale stragiudiziale che, nella specie, non erano state riconosciute, la Terza sezione civile ha ricordato che dette spese, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova, secondo le ordinarie scansioni processuali.
E, sul punto, la Corte di merito aveva errato nel non considerare che la nota spese che riguardava queste spese era stata presentata nell’atto di gravame.
Minimi tariffari inderogabili, salvo parere del COA
Per finire, la Corte di cassazione ha precisato un ulteriore principio a cui dovrà attenersi il giudice del rinvio nel riesaminare la controversia, per quanto riguarda i minimi tariffari.
Ha così puntualizzato che i minimi tariffari, ai sensi dell’articolo 24 della Legge n. 794/1942 e dell’articolo 4 del DM n. 127/2004, previgente rispetto al DM n. 55/2014, devono intendersi come inderogabili a meno che la parte interessata, in caso di manifesta sproporzione, non presenti il parere del consiglio dell’ordine competente relativo ad una inferiore liquidazione.
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