Licenziamento: valida la comunicazione per compiuta giacenza

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Licenziamento: valida la comunicazione per compiuta giacenza

E' valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata inviata al domicilio del dipendente.

Difatti, la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma, in mancanza di prova contraria.

Ne discende che l'eventuale deduzione del dipendente di non aver mai rinvenuto l’avviso di giacenza nella sua cassetta postale non basta per vincere la presunzione.

Licenziamento comunicato a mezzo raccomandata

Con sentenza n. 15397 del 31 maggio 2023, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una lavoratrice, oppostasi alla decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto maturata la decadenza della medesima dal potere di impugnazione, entro 60 giorni, del licenziamento comminatogli dal datore di lavoro.

Nella sentenza impugnata era stata giudicata legittima la comunicazione del recesso avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata alla stessa inviata e non idonea, per contro, la successiva comunicazione con cui la dipendente pretendeva di aver reso nota la sua volontà di impugnare il licenziamento stesso.

Presunzione legale di conoscenza

A norma dell'art. 1335 c.c., gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario (come il licenziamento) si reputano conosciuti nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

Si tratta di una presunzione legale di conoscenza, nel senso di conoscibilità equiparata a legale conoscenza, fondata sulla prova del rinvenimento all'indirizzo del destinatario della comunicazione.

Affinché tale presunzione legale sia superata, è necessario che sia fornita la prova contraria dell'impossibilità di averne notizia senza colpa del destinatario.

Nella specie, a fronte della documentazione postale depositata dall'azienda, giudicata idonea a fondare la presunzione legale di conoscenza, non era stata fornita, da parte della destinataria, la prova di essersi trovata nell'impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa.

Quello di destinazione, del resto, era l'indirizzo che la stessa aveva comunicato al datore di lavoro, sussistendo un preciso obbligo contrattuale collettivo di “comunicare con sollecitudine all'impresa ogni mutamento di residenza o domicilio”.

Per quanto riguardava, poi, la comunicazione della lavoratrice, gli Ermellini hanno precisato che sebbene l'atto con il quale si impugna il licenziamento non richieda formule particolari, esso deve comunque esprimere la volontà del lavoratore di contestare il recesso disposto dal datore di lavoro un modo non equivoco.

Nel caso di specie, invece, mancava in tale comunicazione ogni riferimento al recesso medesimo.

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