Licenziamento senza reintegra per violazione delle regole di correttezza e buona fede datoriale

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Licenziamento senza reintegra per violazione delle regole di correttezza e buona fede datoriale

A seguito di una riduzione di un appalto di pulizie con il committente, il datore di lavoro ha licenziato due lavoratrici addette alla pulizia degli immobili interessati dall’appalto.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 19732 del 25 luglio 2018, ha verificato che, nel caso di specie, si trattava di soppressione di posizioni lavorative impiegate in mansioni omogenee e fungibili ed ha confermato che, nel caso di licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva e l'organizzazione del lavoro, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, allorquando il giustificato motivo oggettivo si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, la scelta del dipendente (o dei dipendenti) da licenziare per il datore di lavoro non è totalmente libera: essa, infatti, risulta limitata, oltre che dal divieto di atti discriminatori, dalle regole di correttezza cui deve essere informato, ex artt. 1175 e 1375 c.c., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche il recesso di una di esse (ex multis:. Cass. n. 7046 del 2011; Cass. n. 11124 del 2004; Cass. n. 13058 del 2003; Cass. n. 16144 del 2001; Cass. n. 14663 del 2001).

Il recesso per giustificato motivo oggettivo è stato, quindi, giudicato illegittimo per la violazione delle regole di correttezza e buona fede nella individuazione del licenziando tra più lavoratori in posizione fungibile.

Nonostante ciò - ricordano gli Ermellini - in tema di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, il nuovo regime sanzionatorio introdotto dalla Legge. n. 92/2012 prevede di regola la corresponsione di un'indennità risarcitoria, riservando il ripristino del rapporto di lavoro alle ipotesi residuali, che fungono da eccezione, nelle quali l'insussistenza del fatto posto a base del licenziamento è connotata di una particolare evidenza, sicché la violazione dei criteri di correttezza e buona fede nella scelta tra lavoratori adibiti allo svolgimento di mansioni omogenee dà luogo alla tutela indennitaria, non alla reintegra.

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