Licenziamento impugnato, va verificata la proporzionalità della sanzione

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Licenziamento impugnato, va verificata la proporzionalità della sanzione

Va ripetuto per omessa pronuncia il giudizio di proporzionalità del licenziamento comminato a un lavoratore, a seguito dell'addebito disciplinare contestatogli, consistito nell’avere prodotto alla datrice di lavoro dei certificati medici apocrifi, al fine di ottenere giorni di permesso per malattia del figlio.

Licenziamento proporzionato?

Il dipendente, dopo che anche la Corte di secondo grado aveva confermato la sanzione disciplinare lui comminata, aveva adito la Suprema corte, lamentando, tra i motivi, la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia.

La dedotta omissione era relativa al motivo di impugnazione che lo stesso aveva sollevato riguardo alla mancanza di proporzionalità tra sanzione disciplinare comminata e condotta contestata.

In proposito - aveva lamentato il ricorrente - non erano state neppure indicare le circostanze di sussunzione della fattispecie concreta nella clausola generale di giusta causa.

Licenziamento impugnato, verifica di proporzionalità

Con sentenza n. 27525 del 28 settembre 2023, la Sezione lavoro della Cassazione ha giudicato fondata tale doglianza.

Gli Ermellini, in particolare, hanno ammesso la ricorrenza del vizio di omessa pronuncia avendo, la Corte territoriale, ignorato i motivi di gravame avanzati dal lavoratore.

Detti motivi, peraltro, non potevano ritenersi assorbiti, così come si leggeva nelle conclusioni della decisione impugnata.

Le motivazioni svolte dai giudici di merito, infatti, avevano riguardato profili - quali l'accertamento dell'illecito disciplinare addebitato e la specificità e tempestività della contestazione - diversi dalla proporzionalità della sanzione disciplinare comminata rispetto alla condotta addebitata al lavoratore.

Assorbimento domanda, quando ricorre?

Sul punto, la Cassazione ha rammentato come l'assorbimento di una domanda in senso proprio ricorra quando la decisione sulla domanda assorbita divenga superflua, per difetto sopravvenuto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla domanda assorbente, abbia conseguito la tutela richiesta nel modo più' pieno.

L'assorbimento in senso improprio, invece, è ravvisabile quando la decisione assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporti un implicito rigetto di altre domande.

Di conseguenza, l'assorbimento erroneamente dichiarato si traduce in una omessa pronuncia, come appunto nel caso di specie.

La decisione impugnata, in definitiva, è stata cassata con rinvio per un nuovo esame di merito e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

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