Licenziamento della neo mamma in caso di cessazione dell'attività

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Licenziamento della neo mamma in caso di cessazione dell'attività

Illegittimo il licenziamento per cessazione dell'attività che venga intimato alla lavoratrice neo mamma, se l'impresa datrice di lavoro, dichiarata fallita, prosegua con le attività conservative.

Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione con sentenza n. 35527 del 19 dicembre 2023, nel pronunciarsi su una vicenda di una dipendente che era stata licenziata entro l'anno dalla nascita del figlio.

Il licenziamento era stato intimato ex art. 54 comma 3, del T.U. maternità (D.Lgs. 151/2001), atteso che l'impresa datrice di lavoro era stata dichiarata fallita.

La questione sottoposta all'attenzione del Collegio di legittimità, in particolare, riguardava l'interpretazione del concetto giuridico di "cessazione dell'attività dell'azienda", prevista dalla richiamata disposizione, declinata in relazione alla nozione di esercizio provvisorio dell'impresa ex art. 104 commi 1 e 2 Legge fallimentare.

Deroga al generale divieto di licenziare la lavoratrice madre

Tra le ipotesi di deroga al generale divieto di licenziare la lavoratrice madre durante il periodo protetto - espressamente previste dall’art. 54 del D. Lgs. n. 151/2001 - è ricompresa anche la cessazione dell'attività della azienda.

Segnatamente, tale divieto non si applica nelle ipotesi:

  • di colpa grave da parte della lavoratrice;
  • di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
  • di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;
  • di esito negativo della prova.

Cessazione attività con applicazione rigorosa 

Ebbene, secondo la Corte di cassazione, al concetto di cessazione dell'attività va data una lettura rigorosa: va esclusa, dal suo perimetro operativo, ogni possibilità che comporti, in qualche modo, la continuazione o la persistenza dell'impresa, a qualsiasi titolo essa avvenga, avvalorando, quindi, un profilo sostanziale e non formale del fenomeno "cessazione".

Nella decisione, gli Ermellini hanno rammentato che la deroga al divieto di licenziamento dell'art. 54 citato, dall'inizio della gestazione fino al compimento dell'età di un anno del bambino, opera solo in caso di cessazione dell'intera attività aziendale.

E trattandosi di fattispecie normativa di stretta interpretazione, essa non può essere applicata in via estensiva o analogica alle ipotesi di cessazione dell'attività di un singolo reparto della azienda, ancorché dotato di autonomia funzionale.

Per la non applicabilità del divieto, quindi, devono ricorrere due condizioni:

  • il datore di lavoro sia un'azienda;
  • vi sia cessazione dell'attività.

La relativa prova - continua la Corte - incombe sul datore di lavoro.

Attività conservative escludono cessazione attività: licenziamento illegittimo

Nella vicenda esaminata, è stata ritenuta condivisibile e corretta in punto di diritto la conclusione cui era giunta la Corte territoriale dopo aver accertato che, sia al momento della dichiarazione di fallimento che successivamente ad essa, erano in corso attività conservative dell'impresa e non di sua liquidazione.

Andava escluso, così, che si fosse verificata la cessazione dell'attività di impresa, per cui era ravvisabile la violazione del divieto legale di licenziamento della lavoratrice madre nel primo anno di vita del figlio.

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