Lavoro part time e clausole contrattuali: a cosa prestare attenzione

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Lavoro part time e clausole contrattuali: a cosa prestare attenzione

Nella redazione del contratto di lavoro part time è sempre necessario prestare particolare attenzione alle forme di flessibilità consentite dalla legge o dal contratto collettivo, anche al fine di non incappare in eventuali azioni di risarcimento del danno subito.

Per lavoro a tempo parziale deve intendersi qualsivoglia rapporto di lavoro che si sviluppi per un numero di ore inferiore a quelle stabilite dalla legge o dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno. La sua disciplina specifica è contenuta negli artt. 4 e ss. del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (cd. Testo Unico dei contratti di lavoro).

In tale ambito, una delle più rilevanti peculiarità è contenuta nell’art. 5 del medesimo testo legislativo, secondo cui vi è l’obbligo di fornire, nel contratto di lavoro, la puntuale indicazione della collocazione temporale dell’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Altresì, laddove l’organizzazione del datore di lavoro sia articolata in turni, l’indicazione dettagliata dei tempi di svolgimento della prestazione lavorativa può sì avvenire mediante rinvio a turni programmati articolate su fasce orarie prestabilite, ma sempre specificando, nell’accordo individuale, la collocazione temporale degli stessi.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale

Nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato, sia a tempo determinato che indeterminato, è possibile stabilire che l’assunzione avvenga per un numero di ore inferiore a quelle prescritte per i lavoratori a tempo pieno, ovverosia 40 ore settimanali o il minor orario previsto dalla contrattazione collettiva a mente dell’art. 3, decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66.

Il contratto di lavoro a tempo parziale deve essere stipulato tassativamente in forma scritta e deve contenere, ai sensi dell’art. 5, comma 2, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, la puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa, nonché la collocazione temporale dell’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

ATTENZIONE: La mancata indicazione nel contratto della durata della prestazione lavorativa ovvero della sua collocazione temporale può portare alle conseguenze previste dall’art. 10, comma 2, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

In particolare, nel caso in cui non sia stata determinata la durata della prestazione lavorativa, su domanda del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a decorrere dalla data della pronuncia.

Laddove, invece, l’omissione riguardi la sola collocazione temporale dell’orario di lavoro, il giudice determinerà le modalità temporali della medesima prestazione lavorativa a tempo parziale, tenendo conto delle responsabilità familiari del lavoratore interessato e della sua necessità di integrazione del reddito mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro.

In ogni caso, per entrambe le ipotesi prospettate, il lavoratore potrà altresì richiedere, in aggiunta alla retribuzione dovuta per le retribuzioni effettivamente rese, un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno.

Non essendovi specifiche di natura legale circa la quantificazione del predetto danno, la giurisprudenza di merito ha evidenziato che lo stesso è da liquidarsi con valutazione equitativa per responsabilità di tipo contrattuale. Generalmente, la liquidazione è determinata dal giudice di merito in un range tra il 5% ed il 15% della retribuzione del lavoratore nel periodo in cui questo ha svolto la prestazione lavorativa ad orario ridotto senza indicazione della durata della prestazione ovvero della collocazione temporale della stessa.

I lavoratori a tempo parziale hanno i medesimi diritti dei lavoratori a tempo pieno ed il loro trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa, fermo restando che gli stessi non devono ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento.

Forme di flessibilità: clausole elastiche e lavoro supplementare

A mente del successivo art. 6 del Testo Unico dei contratti di lavoro, le parti possono facoltativamente pattuire, per iscritto, le c.d. clausole elastiche, che conferiscono alle parti stesse del rapporto di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa concordata, anche con eventuali ore in aumento.

Ciò però deve necessariamente avvenire secondo le modalità e nel rispetto di quanto prescritto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.

Tale formulazione diventa determinante laddove, in assenza – seppur rara – di pronunce delle parti sociali, le clausole elastiche “individuali” possono essere pattuite in forma scritta innanzi alle commissioni di certificazione. In tali sedi, il lavoratore avrà la facoltà di farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale a cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato ovvero da un consulente del lavoro.

ATTENZIONE: A pena di nullità le clausole elastiche devono prevedere:

  • le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa o variarla in aumento;
  • un preavviso minimo di 2 giorni lavorativi rispetto al giorno che subirà la sopradetta variazione;
  • la misura massima dell’aumento della prestazione lavorativa, che non potrà comunque eccedere il 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.

Salvo condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva, la modifica dell’orario di lavoro comporta, a favore del lavoratore, il riconoscimento di una maggiorazione sulla retribuzione oraria globale di fatto pari al 15%, già comprensiva dell’incidenza su eventuali ulteriori istituti retributivi indiretti e differiti.

Ferma la possibilità del lavoratore di rifiutare la modifica dell’orario di lavoro, la quale non sarà idonea a costituire giustificato motivo di licenziamento, sarà altresì possibile revocare integralmente il consenso prestato alla c.d. clausola elastica. 

Salvo le eventuali ulteriori motivazioni e/o termini di preavviso stabiliti dalla contrattazione collettiva applicabile, la norma prevede che la revoca alla clausola elastica sarà possibile nelle ipotesi in cui il lavoratore:

  • sia qualificabile come “studente” ai sensi dell’art. 10, legge 20 maggio 1970, n. 300;
  • sia affetto da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti per i quali residui una ridotta capacità lavorativa accertata da una commissione medica istituita presso l’AUSL territorialmente competente, ovvero assista, per le medesime patologie, il coniuge, i figli o i genitori;  
  • assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104.
  • sia convivente con un figlio di età non superiore a 13 anni o con figlio convivente portatore di handicap.

Parimenti, il medesimo art. 6, prevede che nel rispetto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva ex art. 51, il datore di lavoro, entro i limiti dell’orario di lavoro previsto per il tempo pieno, può richiedere lo svolgimento di ore di lavoro c.d. supplementari ovverosia ulteriori rispetto a quelle concordate nel contratto di lavoro.

Anche in questo caso, in assenza di specifica disciplina stabilita dalle parti sociali, è prevista una regolamentazione legale di default secondo cui:

  • il datore di lavoro non può richiedere prestazioni di lavoro supplementari in misura superiore al 25% delle ore settimanali contrattualmente concordate;
  • il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15%, già comprensiva dell’incidenza su eventuali ulteriori istituti retributivi indiretti e differiti.

NOTA BENE: Il lavoratore può rifiutare lo svolgimento di ore di lavoro supplementari nel caso in cui vi siano comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale

Lavoro part time e turni

Qualora l’attività lavorativa sia articolata in turni è comunque possibile contrattualizzare a tempo parziale i lavoratori subordinati rinviando all’adozione di turni programmati la specifica collocazione della prestazione lavorativa da svolgere.

Al riguardo, ai sensi dell’art. 5, comma 3, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sarà necessario individuare all’interno del contratto individuale di lavoro le fasce orarie prestabilite che si realizzeranno secondo la declinazione ritmica concordata tra le parti.

La ratio è, chiaramente, quella di consentire al prestatore d’opera di tutelare i propri interessi, sia rispetto ai tempi di lavoro che a quelli di non lavoro.

Altresì, la possibilità di individuare nel contratto individuale la turnistica ed i tempi di rotazione tra i diversi orari programmati soddisfa appieno il disposto legislativo, consentendo alle parti di prevedere e cristallizzare la puntuale collocazione dei tempi di lavoro, nonché individuare le eventuali applicazioni di clausole elastiche.

Vi è allora, come da ultimo affermato dall’ordinanza della Corte di Cassazione 29 aprile 2024, n. 11333, la necessità che i turni di lavoro restino indicati per iscritto nel contratto individuale di lavoro, con specifica e puntuale evidenza della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Di converso, non è dunque possibile rinviare genericamente ad una successiva indicazione l’orario in cui svolgere la prestazione, in quanto tale erronea interpretazione consentirebbe una irragionevole deroga ai principi del lavoro a tempo parziale potenzialmente idonea a superare l’esigenza di indicare in maniera puntuale l’orario di lavoro nel contratto part-time.

Esempio di clausola contrattuale

L’orario di lavoro, che è da considerarsi a tempo parziale, è fissato in 30,00 ore settimanali distribuite su 6 giornate lavorative: lunedì, martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica.

La fascia oraria in cui Ella presterà la propria opera è determinata come segue secondo un regime di turni alternati settimanalmente:

A)        dalle ore 10:00 alle ore 15:00;

B)        dalle 15:30 alle 20:30.

Il riposo settimanale è stabilito nella giornata di mercoledì.

 

QUADRO NORMATIVO

Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81

Corte di Cassazione – Ordinanza 29 aprile 2024, n. 11333

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