Lavoro intermittente: è tempo di aggiornare le attività ammesse
Pubblicato il 26 giugno 2025
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Dopo oltre un secolo di vigenza, il legislatore ha mandato in soffitta il Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, insieme ad altri 30.000 atti normativi prerepubblicani relativi al periodo dal 1861 al 1946. Sotto il profilo squisitamente giuslavoristico, il centenario Regio Decreto era ormai notorio per essere, sin dall’emanazione del decreto Biagi, un punto di riferimento per le lavorazioni e le mansioni caratterizzate da discontinuità e saltuarietà, per le quali poteva intendersi ammesso il ricorso oggettivo al lavoro intermittente o a chiamata.
In attesa di opportuni chiarimenti ministeriali, in analogia con il precedente orientamento espresso con la circolare 29 settembre 2010, n. 34, si ritiene che, comunque, non vi siano modifiche rilevanti all’utilizzabilità di tale tipologia contrattuale, atteso che il riferimento rimane “meramente materiale”.
Nella speranza che detta evenienza possa dare finalmente luce al nuovo decreto ministeriale attuativo, già previsto dall’art. 13, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Il contratto di lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente, anche noto come “lavoro a chiamata” o “job on call”, è una particolare tipologia contrattuale atipica di lavoro subordinato, mediante la quale il lavoratore si rende disponibile a prestare la propria opera su richiesta del datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione con caratteri di discontinuità o saltuarietà.
La disciplina normativa del contratto intermittente è rinvenibile negli artt. da 13 a 18, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che ne delineano limiti e condizioni di applicabilità.
La ratio della natura contrattuale del lavoro intermittente è, naturalmente, quella di bilanciare esigenze di flessibilità organizzativa delle imprese con i diritti e le tutele fondamentali del prestatore di lavoro.
In tale ambito, ai sensi dell’art. 13, comma 1, la stipulazione del contratto di lavoro intermittente è ammessa per condizioni c.d. oggettive, ovverosia tipiche dell’attività lavorativa svolta dall’impresa e/o per le peculiarità delle prestazioni rese dal lavoratore.
Il ricorso al lavoro intermittente per dette ragioni, è ammesso:
- per le prestazioni lavorative discontinue/saltuarie eventualmente previste dalla contrattazione collettiva di cui all’art. 51 del medesimo decreto legislativo 15 giugno 2015, n.81;
- per le prestazioni individuate con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il comma 2, del medesimo art. 13, individua un ulteriore ed alternativo presupposto, stavolta soggettivo, per il ricorso legittimo al lavoro intermittente: il contratto può essere stipulato per lo svolgimento di qualsivoglia attività con soggetti di età superiore a 55 anni ovvero di età inferiore a 24 anni, purché le mansioni non vengano espletate oltre il 25° anno di età.
Abrogazione del Regio Decreto n. 2657/1923
L’art. 1, legge 7 aprile 2025, n. 56, ha disposto l’abrogazione di molteplici regi decreti, specificatamente elencati agli allegati A, B, C, D, tra cui, all’allegato D, al numero 524, è rinvenibile proprio il Regio Decreto n. 2657/1923, rubricato “Tabella indicante le occupazioni, che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1 del decreto-legge 15 marzo 1923, n.692”.
Il terzo comma, art. 1, del provvedimento normativo, sancisce altresì che “restano comunque fermi gli effetti provvedimentali delle disposizioni prive di effettivo contenuto normativo degli atti di cui ai commi 1 e 2”. Atti tra cui ricade l’abrogazione del Regio Decreto in argomento.
Sul piano logico-giuridico, parrebbe dunque sostenersi la tesi secondo cui, nonostante l’abrogazione del provvedimento normativo, la tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 rimanga valida ai fini degli effetti provvedimentali, fra cui rientrerebbe il sopracitato decreto ministeriale 23 ottobre 2004, il quale, come anticipato, richiama in via meramente “materiale” e non “formale” il ricorso al lavoro intermittente.
Invero, il decreto ministeriale post legge Biagi non pone una vera e propria applicazione normativa del Regio Decreto n. 2657/1923, quanto piuttosto utilizza la sua tabella allegata, per elencare le attività per le quali è ammesso il ricorso al lavoro intermittente.
Ad avvalorare la tesi esposta, vi è anche l’interpretazione ministeriale contenuta nella circolare 29 settembre 2010, n. 34, che prendeva a riferimento un precedente tentativo di abrogazione del Regio Decreto n. 2657/2023, ad opera del D.L. n. 112/2008, poi non confermato in sede di conversione.
In tal provvedimento di prassi, il Ministero ha avuto modo di chiarire che “l’abrogazione della tabella allegata al R.D.L. del 1923 (…) non sembra avere riflessi sulla disciplina del lavoro intermittente in quanto il rinvio operato dal D. lgs. n. 276/2003 al R.D.L. può considerarsi meramente materiale.
Voglia conseguentemente condividersi l’assunto secondo cui l’opera di razionalizzazione dei provvedimenti normativi prevista dalla legge 7 aprile 2025, n. 56, non impedisce l’utilizzo della tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 per la genuina stipula dei contratti di lavoro intermittente, in forza del mero riferimento materiale operato dal decreto ministeriale 23 ottobre 2004, quale atto, questo sì, di natura sostanziale.
Parimenti, il Dossier reperibile tra gli atti del Senato della Repubblica rileva che “Il riferimento, recato dal comma 3, dell’art. 1, alle disposizioni prive di effettivo contenuto normativo si intende che si interviene esclusivamente sugli atti prerepubblicani che hanno esaurito i loro effetti o la cui abrogazione, comunque, non comporta la creazione di vuoti normativi”.
Rimanendo auspicabile un nuovo intervento ministeriale che possa, comunque, aggiornare mansioni e/o attività ormai superate, si ritiene ragionevolmente legittimo il ricorso al lavoro intermittente per le medesime condizioni e/o requisiti vigenti precedentemente all’entrata in vigore della legge 7 aprile 2025, n. 56. Pertanto, rimane possibile, a parere di chi scrive, continuare a utilizzare il lavoro intermittente:
- per le attività lavorative/mansioni espressamente contemplate dalla tabella del Regio Decreto n. 2657/1923, anche in funzione delle precedenti indicazioni di prassi;
- nei casi individuati dai contratti collettivi, anche territoriali o aziendali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 51, d.lgs. n. 81/2015);
- con lavoratori under 24, purché le prestazioni non si realizzino oltre il compimento del 25° anno di età, ovvero over 55.
Lavoro intermittente e novità sul flusso Uniemens
Sebbene non collegato all’abrogazione del Regio Decreto n. 2657/1923, in tema di lavoro intermittente si ritiene doveroso effettuare un ulteriore passaggio rispetto alle recenti istruzioni amministrative contenute nel messaggio INPS 18 aprile 2025, n. 1322, con il quale l’Istituto previdenziale ha specificato che, a partire dalla denunce di competenza del mese di aprile 2025, l’invio del flusso Uniemens per i lavoratori intermittenti, anche senza indennità di disponibilità, dovrà essere assolto anche nei casi in cui detti lavoratori non percepiscano alcun compenso.
Ciò, pur non comportando importanti criticità nella gestione del flusso .xml – nel quale dovrà essere inserito il lavoratore interessato, valorizzando esclusivamente il codice NR00 in <TipoLavStat” – implicherà l’elaborazione del Libro Unico del Lavoro mensilmente, anche laddove non vi sia alcuna prestazione nel periodo di riferimento.
L’Istituto previdenziale ha, dunque, evidenziato alle proprie Strutture territoriali che non dovranno più essere sospese matricole con soli lavoratori intermittenti senza indennità di disponibilità per i mesi in cui gli stessi non prestano attività lavorativa.
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