Lavoro autonomo e trattamento fiscale degli immobili
Pubblicato il 08 agosto 2019
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Il trattamento fiscale degli immobili nel reddito di lavoro autonomo, contenuto nell’art. 54 del TUIR, è stato oggetto nel corso degli anni di numerosi interventi normativi. In tale ambito, è necessario distinguere tra immobili strumentali e immobili utilizzati in modo promiscuo e, all’interno di ciascuna di queste due categorie, tra immobili di proprietà e acquisti in locazione finanziaria. Gli immobili strumentali, in particolare, sono quelli utilizzati direttamente dal professionista ad uso esclusivo dell’attività, non assumendo rilevanza la circostanza che l’acquisto sia stato effettuato in qualità di lavoratore autonomo, oppure in qualità di persona fisica. Anche per il lavoro autonomo vige l’applicazione dell’articolo 36, commi 7 e 7-bis, D.L. 223/2006, che impone lo scorporo dal costo sostenuto del valore dell’area su cui insiste il fabbricato, al fine di escludere il terreno dal processo di ammortamento, o dall’importo del canone di leasing deducibile.
Relativamente agli immobili di proprietà, le relative quote di ammortamento sono deducibili o meno dal reddito di lavoro autonomo a seconda della data di acquisto o costruzione dell’immobile.
Un altro aspetto da considerare, sono gli interventi di ammodernamento, manutenzione e ristrutturazione e, in particolare, per le spese di manutenzione bisogna distinguere quelle incrementative da quelle non incrementative. Il trattamento fiscale degli immobili nell’ambito del lavoro autonomo è stato, di recente, oggetto di studio da parte della Fondazione Nazionale dei Dottori Commercialisti, che si è soffermata, in particolare, sulle disposizioni relative ai componenti positivi e negativi di reddito a seconda che si tratti di un immobile strumentale o utilizzato in uso promiscuo, acquisito in proprietà o in leasing. Va evidenziato che le modifiche apportate nel corso degli anni hanno determinato una serie di regole stratificate, che comunque lasciano spazio ad alcuni dubbi interpretativi. Nel presente approfondimento, facendo anche riferimento alle osservazioni effettuate dalla Fondazione dei Dottori Commercialisti, si illustrerà il trattamento fiscale degli immobili da parte dei lavoratori autonomi, evidenziando i diversi livelli normativi in relazione alla tipologia del bene.
Immobili strumentali
L’art. 54, comma 1, del TUIR stabilisce le modalità di determinazione del reddito che deriva dall’esercizio di arti e professioni. In particolare, rileva la differenza tra i compensi percepiti nel periodo d’imposta in denaro o in natura (anche sotto forma di partecipazione agli utili) e le spese sostenute nello stesso periodo nell’esercizio dell’arte o della professione.
Va, inoltre, considerato quanto previsto nei commi 2 e 3 del citato articolo, i quali dettano le regole di deducibilità degli ammortamenti e dei canoni di locazione, anche finanziaria, degli immobili strumentali e adibiti ad uso promiscuo utilizzati nell’attività di lavoro autonomo.
Il comma 2 dell’art. 54, regola la deducibilità degli ammortamenti e dei canoni di leasing relativi agli immobili strumentali.
Per immobili strumentali si fa riferimento agli immobili utilizzati direttamente per l’esercizio esclusivo dell’attività artistica o professionale e, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 13 del 2 marzo 2010, non assume rilevanza il fatto che l’acquisto sia stato effettuato in qualità di persona fisica o di esercente arte o professione.
Anche per il lavoro autonomo e relativamente alle modalità con le quali deve essere operata la deduzione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing relativi a detti immobili, trova applicazione (per il tramite del comma 2) quanto disposto dai commi 7 e 7-bis dell’art. 36 del D.L. n. 223/2006.
Nello specifico, si deve scorporare dal costo complessivo sostenuto per l’acquisizione dell’immobile, il valore dell’area su cui insiste il fabbricato e di quelle che ne costituiscono pertinenza, al fine di escludere la partecipazione di un corrispondente importo al processo di ammortamento, o alla deduzione nel caso del leasing.
Immobili di proprietà
Per gli immobili di proprietà, il trattamento fiscale dei relativi ammortamenti, dipende dalla data in cui gli immobili stessi sono stati acquistati o costruiti. I periodi (di acquisto o costruzione) a cui fare riferimento sono:
- fino al 14 giugno 1990;
- dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006;
- dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009;
- dal 1° gennaio 2010 in poi.
Con riferimento agli immobili acquistati o costruiti fino al 14 giugno 1990, sono deducibili le quote di ammortamento maturate a partire dal 1985 (Circolare Agenzia delle Entrate n. 38 del 23 giugno 2010).
Per gli immobili acquistati o costruiti dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, la deduzione delle quote di ammortamento non è invece possibile e, inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 1993, non è più consentita neppure la deducibilità della rendita catastale.
Relativamente agli immobili acquistati o costruiti nel triennio 2007-2009, le quote di ammortamento risultano nuovamente deducibili, seppur in misura ridotta ad un terzo in tale triennio.
Per gli immobili acquistati o costruiti a partire dal 1° gennaio 2010, le quote di ammortamento tornano ad essere irrilevanti fiscalmente e, quindi, non più deducibili per effetto dell’art. 1, comma 335, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, secondo cui “le disposizioni introdotte dal comma 334 in materia di deduzione dell’ammortamento o dei canoni di locazione finanziaria degli immobili strumentali per l’esercizio dell'arte o della professione, si applicano agli immobili acquistati nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, e ai contratti di locazione finanziaria stipulati nel medesimo periodo.
A beneficio di tale disposizione, è possibile fare riferimento a quanto previsto dalle istruzioni del quadro RE del modello Redditi 2019 PF. Viene precisato che nel rigo RE10 (Spese relative agli immobili) si indicherà l’ammontare della quota di ammortamento di competenza dell’anno, del costo di acquisto o di costruzione dell’immobile strumentale acquistato o costruito entro il 14 giugno 1990, ovvero acquistato nel periodo 1° gennaio 2007 - 31 dicembre 2009.
Acquisizione in leasing
Per i canoni di leasing, si deve tenere conto della data di stipula del contratto. Relativamente ai contratti stipulati dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, i canoni di leasing non sono deducibili, mentre lo è la rendita catastale.
Per i contratti stipulati nel triennio 2007-2009, i canoni di leasing sono deducibili, ferma restando la riduzione ad un terzo solo nel triennio considerato, a condizione che la durata del contratto sia non inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito dai relativi coefficienti ministeriali in relazione all’attività esercitata e, comunque, con un minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni.
Per i contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2010 e fino al 31 dicembre 2013, risultano indeducibili sia i canoni di leasing che la rendita catastale.
Per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2014, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 162, della Legge n. 147 del 27 dicembre 2013 (Legge di stabilità 2014), i canoni risultano nuovamente deducibili per un periodo non inferiore a dodici anni.
Non è più previsto che la durata contrattuale costituisca condizione di deducibilità fiscale dei canoni, per cui contratti di durata inferiore al minimo di dodici anni, stipulati a partire dal 1° gennaio 2014, non determinano più il venir meno della deducibilità dei canoni.
Se nel 2019 si stipula un contratto di durata ad esempio di 5 anni, i canoni resteranno comunque deducibili, ma secondo il periodo di durata minima fiscale previsto dalla legge pari a 12 anni. Se, invece, si stipula un contratto di durata di 15 anni, la deduzione dei canoni avverrà per competenza secondo la medesima durata contrattuale.
NB - I canoni di leasing sono deducibili per competenza, in deroga al generale principio di cassa. E’ indeducibile la quota capitale del canone riferito ai terreni, desumibile dal piano di ammortamento fornito dalla società di leasing. È, invece, deducibile la quota del canone relativa agli interessi. |
A partire dal 2014, il trattamento fiscale delle due forme di acquisizione degli immobili (proprietà o leasing) è differente, in quanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, gli ammortamenti relativi agli immobili acquistati in proprietà a partire dal 1° gennaio 2010 non sono deducibili.
Viene così meno il principio di equivalenza fiscale tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in leasing, che in passato l’Agenzia ha più volte ribadito in diverse risoluzioni.
Tale asimmetria impositiva deriverebbe, secondo l’Agenzia, dalla modifica normativa introdotta dalla Legge n. 147/2013 per gli immobili acquisiti in locazione finanziaria, che consente di dedurre i canoni di leasing dell’immobile strumentale del professionista, a prescindere dalla durata contrattuale.
Sul punto, in occasione di un incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, l’Agenzia ha affermato che in mancanza di un’espressa previsione normativa, resta preclusa la possibilità di dedurre gli ammortamenti relativi a beni immobili strumentali acquistati dal professionista a partire dal 1° gennaio 2010.
Sempre nel sopra citato incontro con la stampa, l’Agenzia, nel sostenere l’indeducibilità delle quote di ammortamento per gli immobili acquistati dal 2010 in poi, ha precisato che l’indeducibilità del costo sostenuto dal professionista per l'acquisto diretto dell'immobile strumentale risulta attenuata dalla irrilevanza delle eventuali plusvalenze prodotte dal medesimo bene, in quanto, coerentemente con i chiarimenti resi nella risoluzione n. 13 del 2 marzo 2010, devono ritenersi, per ragioni di simmetria fiscale, parimenti irrilevanti nella formazione del reddito da lavoro autonomo le plusvalenze o le minusvalenze realizzate per effetto della estromissione dei suddetti immobili dal regime del reddito di lavoro autonomo.
Immobili utilizzati in modo promiscuo
Nel caso di utilizzo promiscuo (art. 54 comma 3) dell’immobile di proprietà, destinato in parte all’attività professionale ed in parte a finalità personali, è prevista la deduzione della rendita catastale nella misura pari al 50%, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’attività.
La circolare delle Entrate n. 35 del 20 settembre 2012, chiarisce che è irrilevante la porzione dell’unità immobiliare che il professionista decide di utilizzare per lo svolgimento dell’attività professionale, di conseguenza, pur potendo il contribuente dimostrare l’utilizzo effettivo dell’immobile per fini professionali in una misura superiore a quella stabilita forfettariamente dal comma 3 dell’art. 54 del TUIR, tale percentuale di deducibilità non è derogabile.
Per gli immobili acquisiti mediante leasing e utilizzati promiscuamente dal professionista, il trattamento fiscale dipende anche in questo caso dalla data di stipula del contratto.
Nel caso di contratti stipulati:
- entro il 31 dicembre 2006, è deducibile il 50% della rendita catastale;
- dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, è deducibile il 50% del canone;
- dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2013, non è consentita alcuna deduzione;
- dal 1° gennaio 2014, è possibile dedurre il 50% del canone.
NB! – Anche per il leasing, tali deduzioni spettano a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di un altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’attività professionale. |
Nei casi in cui è prevista la deducibilità al 50% dei canoni, devono ritenersi deducibili nella stessa misura e per gli immobili ad uso promiscuo, anche gli interessi passivi impliciti nei predetti canoni.
Per quanto riguarda gli immobili strumentali di proprietà, manca una norma che preveda espressamente la deducibilità degli interessi passivi corrisposti sui finanziamenti eventualmente contratti per il loro acquisto. In questo caso, ci si può “appellare” alla regola prevista dall’art. 54, comma 1, del TUIR, secondo cui il reddito di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello delle spese sostenute nel periodo d’imposta di riferimento, inerenti all’esercizio dell’attività. Trattandosi nel caso specifico di immobili strumentali, vale anche l’inerenza dei relativi interessi passivi.
Spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione
Sul tema delle spese di ammodernamento ristrutturazione e manutenzione, per la deducibilità bisogna in primo luogo effettuare una distinzione tra spese incrementative e non incrementative.
Le spese non incrementative sono quelle che per la loro caratteristica non sono imputabili (ad esempio) ad incremento del costo di un fabbricato.
Secondo il comma 2 dell’art. 54 del TUIR, tali costi sono deducibili, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, come risultanti all’inizio del periodo d’imposta dal registro di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973. L’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi.
Le spese incrementative, ossia quelle che incidono sugli elementi strutturali e che determinano un incremento della capacità produttiva o della vita utile del cespite stesso, non sono espressamente disciplinate. Queste sono imputate ad incremento del costo fiscale (es. dell’immobile) e sono deducibili sotto forma di maggiori quote di ammortamento del predetto costo.
Tale trattamento è quello applicabile alle spese di natura incrementativa sostenute per gli immobili strumentali acquistati nel triennio 2007-2009 e per quelli acquistati fino al 14 giugno 1990, essendo deducibili le relative quote di ammortamento.
Non risulta chiaro il regime di deducibilità delle spese incrementative che si riferiscono ad immobili strumentali non ammortizzabili o per i quali non è riconosciuta la deducibilità delle relative quote di ammortamento.
Il riferimento va agli immobili acquistati dal 15 giugno 1990 fino al 31 dicembre 2006 e dal 2010 in poi, nonché agli immobili acquisiti in successione o donazione ovvero ancora agli immobili di terzi detenuti in locazione, anche finanziaria, o comodato.
Per quanto concerne il trattamento fiscale delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di natura incrementativa sostenute dal 1° gennaio 2007 su immobili acquistati dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, secondo quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 47 del 18 giugno 2008, queste sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei quattro successivi.
Riguardo alle spese incrementative relative ad immobili strumentali acquisiti a titolo gratuito o condotti in locazione o comodato, queste sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili così come risultanti all’inizio del periodo d’imposta dal registro dei beni ammortizzabili. L’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi (Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 99 dell’8 aprile 2009).
Con riferimento, invece, al trattamento fiscale delle spese di manutenzione incrementative sostenute su immobili strumentali in proprietà acquistati dal 2010, tali spese sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili così come risultanti dal relativo registro all’inizio del periodo d’imposta.
Sul punto, la Fondazione dei Dottori Commercialisti osserva che, se per gli immobili acquistati dal 2014 si volesse sostenere la deducibilità delle quote di ammortamento in ragione del principio di equivalenza tra l’acquisto in proprietà e in leasing, le spese sarebbero deducibili sotto forma di maggiori quote di ammortamento, andando tuttavia contro quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate.
Per quanto poi concerne le spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione sostenute su immobili ad uso promiscuo, sotto il profilo normativo, non si registrano novità rispetto alla disciplina introdotta dalla Legge finanziaria per il 2007. Ai sensi del vigente art. 54, comma 3, ultimo periodo, del TUIR, le spese che, per le loro caratteristiche, non sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili in misura pari al 50%.
Plusvalenze e minusvalenze
Per le plusvalenze e minusvalenze derivanti dal realizzo degli immobili nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, la disciplina è contenuta nei commi 1-bis e 1-bis.1 dell’art. 54 del TUIR.
Con riferimento alle modalità di determinazione dei componenti reddituali in questione, ai sensi del comma 1-ter dell’art. 54 del TUIR, si considera plusvalenza o minusvalenza la differenza (positiva o negativa) tra il corrispettivo o l’indennità percepiti e il costo non ammortizzato ovvero, in assenza di corrispettivo, la differenza tra il valore normale del bene e il medesimo costo non ammortizzato.
Tali componenti concorrono alla formazione del reddito secondo il principio di cassa, pertanto nell’anno in cui sono percepiti.
In tema di plusvalenze e minusvalenze, l’art. 54 del TUIR fa esclusivo riferimento a quelle derivanti da beni strumentali, è escluso che eventuali atti realizzativi o di autoconsumo relativi ad immobili ad uso promiscuo possano rilevare ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.
Il comma 1-bis stabilisce che le plusvalenze relative ai beni strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo se:
- sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
- sono realizzate mediante risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni;
- i beni sono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’esercizio dell’attività di lavoro autonomo.
Le minusvalenze relative ai medesimi beni, ai sensi del successivo comma 1-bis.1, sono invece deducibili solo se realizzate con riferimento alle fattispecie lett. a) e b) del comma 1-bis (Punti 1 e 3 del sopra citato elenco).
Tale disciplina è applicabile con riferimento agli immobili acquisiti nel corso del triennio 2007-2009, e tenuto conto che la risoluzione n. 13 del 2 marzo 2010 aveva chiarito che l’estromissione dei beni immobili strumentali dal regime del reddito di lavoro autonomo è idonea a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili “solamente se riferibili ad immobili acquisiti dal professionista in epoca successiva all’entrata in vigore della norma e quindi, successivamente al 1° gennaio 2007”, permane il dubbio (sollevato dalla Fondazione dei Dottori Commercialisti) in merito alla sorte delle plusvalenze e minusvalenze relative ad immobili strumentali acquisiti dal 1° gennaio 2010, per i quali non è più prevista la deducibilità di ammortamenti e canoni di leasing.
Tuttavia, facendo riferimento alle istruzioni del quadro RE del modello Redditi 2019 PF, viene chiarito che le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall’utilizzo degli immobili strumentali acquisiti dal 2010 non hanno rilevanza fiscale.
Nelle citate istruzioni, si legge che nel rigo RE4 (Plusvalenze patrimoniali) devono essere indicate le plusvalenze dei beni strumentali compresi gli immobili acquistati nel 2007, nel 2008 e nel 2009.
Le minusvalenze dei beni strumentali deducibili (se realizzate ai sensi delle lettere a) e b) del citato comma 1-bis) vanno indicate nel rigo RE18.
Per gli immobili strumentali, dal 2010 è prevista da una parte l’indeducibilità dal reddito di lavoro autonomo delle quote di ammortamento e, dall’altra parte, l’irrilevanza fiscale della plusvalenza o minusvalenza determinata dall’eventuale realizzo.
Quadro Normativo |
D.L. n. 853 del 19 dicembre 1984 D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 13 del 2 marzo 2010 |
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