Lavoratore distaccato all’estero: retribuzione convenzionale anche in caso di trasferte

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Lavoratore distaccato all’estero: retribuzione convenzionale anche in caso di trasferte

I casi in cui si può applicare il regime fiscale di cui al comma 8-bis, art. 51, Tuir (DPR n. 917/1986), è oggetto dell’interpello presentato all’Agenzia delle Entrate da un dirigente di una multinazionale residente in Italia che dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023 è distaccato presso una consociata tedesca.

Lo stesso fa presente che, sebbene svolga il lavoro in via continuativa ed esclusiva con detta azienda per tutta la durata del distacco, effettua – nell’interesse esclusivo della stessa – occasionali trasferte in vari Paesi esteri diversi dalla Germania (tra cui l’Italia).

Il punto è: può trovare applicazione il particolare regime del Tuir sulle retribuzioni convenzionali?

Regime delle retribuzioni convenzionali: condizioni

La norma richiamata prevede che “il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro ….”.

Il dicastero, si spiega, fissa entro il 31 gennaio di ogni anno tali retribuzioni con riferimento e comunque in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei.

In sostanza, si prende come base imponibile la retribuzione convenzionale fissata dal Ministero del Lavoro, senza considerare la retribuzione effettiva erogata al lavoratore.

Tuttavia, vi sono delle condizioni da rispettare e, in particolare:

  • essere residenti fiscalmente in Italia;
  • rientrare tra le categorie per le quali il decreto ministeriale fissa la retribuzione convenzionale;
  • svolgere attività lavorativa all'estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità con esclusività del rapporto di lavoro (deve essere integralmente svolto all'estero);
  • essere soggiornanti nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di dodici mesi.

Da ciò emerge che sono di ostacolo all’applicazione delle retribuzioni convenzionali:

  • la mancata previsione nel decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l'attività da parte del lavoratore;
  • essere un dipendente in trasferta all'estero, in quanto manca il requisito della continuità ed esclusività del lavoro all’estero.

Per quanto attiene, spiega la risposta n. 428 del 12 settembre 2023 fornita dall’Agenzia delle Entrate, al conteggio dei giorni di effettiva permanenza all’estero del lavoratore, è stato chiarito che il periodo da considerare non deve necessariamente risultare continuativo, potendo il lavoratore prestare la propria opera all’estero per più di 183 giorni nell’arco di 12 mesi, anche a cavallo di due anni solari.

È stato inoltre specificato che (circolare 17/E del 23 maggio 2017) nel computo dei 183 giorni rilevano il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi, indipendentemente dal luogo in cui sono trascorsi.

Trasferte occasionali all'estero: sì alla retribuzione convenzionale

Tornando alla fattispecie presentata, il fatto che il lavoratore italiano svolga l’attività in distacco presso la consociata in Germania e che per esigenze aziendali e nell'esclusivo interesse della stessa effettui anche occasionali trasferte di lavoro in Paesi diversi dalla Germania, tra cui l'Italia, non intacca il richiesto carattere di esclusività e di continuità del rapporto di lavoro presso una consociata estera.

Dunque, fermo il rispetto anche delle altre condizioni, il reddito del dirigente distaccato può essere determinato facendo ricorso alle retribuzioni convenzionali.

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