L’autodichiarazione richiede l’accertamento preventivo di quanto si afferma
Autore: Cinzia Pichirallo
Pubblicato il 21 giugno 2010
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Con sentenza n. 21580 del 2010 la quinta sezione penale della Corte di cassazione ha affermato che il reato di falso ideologico in atto pubblico, previsto dall’articolo 483 del codice penale, commesso da un cittadino privato deve considerarsi reato di pura condotta e pertanto esso sorge quando si presentando dichiarazioni non veritiere o si omettono di indicare dati di fatto.
Nella questione affrontata dalla Corte uno studente aveva omesso di inserire, nell’autodichiarazione diretta a percepire una borsa di studio, il reddito posseduto dal fratello. Nulla è valsa la tesi della difesa del ragazzo secondo cui questo non sarebbe stato a conoscenza del reddito del fratello; infatti i giudici hanno osservato come l’autodichiarazione presuppone che il dichiarante si informi preventivamente della veridicità di quanto deve dichiarare a pena di falso.
Inoltre non rileva che il soggetto non abbia ottenuto il beneficio richiesto: essendo un reato di pura condotta esso prescinde dall’ottenimento di un ingiusto profitto. La tutela predisposta dal legislatore con l’articolo 483, c.p. – ricorda la Corte - riguarda il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni.
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