L’accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di accesso ispettivo

Pubblicato il



Alla luce delle recenti sentenze del Consiglio di Stato, rispetto al diritto di difesa del datore di lavoro, prevalgono le esigenze di riservatezza delle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in sede di verifica ispettiva in quanto la divulgazione dei dati contenuti potrebbe comportare azioni discriminatorie o indebite pressioni.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota prot. n.8051 del 2maggio 2014, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 863 del 24 febbraio 2014, è tornato sulla questione dell’accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori all’atto dell’accesso ispettivo al fine di uniformare le modalità operative degli Uffici.

Con circolaren. 43 dell’8 novembre 2013, il Ministero del Lavoro aveva già avuto occasione di riepilogare gli orientamenti contrastanti, in materia, del Consiglio di Stato.

Le prevalenza del diritto di difesa datoriale

Da una parte si segnalano diverse pronunce che ritengono ammissibile l’accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di verifica ispettiva e che si basano sul presupposto che l'esigenza di riservatezza e di protezione dei lavoratori interrogati sia recessiva di fronte al diritto esercitato dal datore di lavoro richiedente per la sua difesa (ex multis: Cons. St., sez. VI, n. 3798 del 29.7.2008).

La prevalenza della tutela del lavoratore e dell’interesse pubblico

Altre pronunce (Cons. St., sez. VI, n. 1842/2008) sono, invece, di orientamento completamente opposto e ritengono legittimo il diniego all’accesso, opposto dall’Amministrazione sulla scorta del D.M. n. 757/1994, che sottrae all’accesso - fino a quando perduri il rapporto di lavoro - i documenti relativi a notizie acquisite nel corso di attività ispettive, qualora dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o terzi, salvo che le notizie contenute nei documenti risultino a quella data sottoposti al segreto istruttorio penale.

D’altra parte, il Supremo Organo di Giustizia Amministrativa ha confermato la sottrazione al diritto di accesso di documentazione acquisita dagli ispettori del lavoro nell'ambito dell’attività di controllo loro affidata (ex multis: Cons. St., sez VI, n. 65 del 27.1.1999, n. 1604 del 19.1.1996, n. 1842 del 22.4.2008), con lo scopo di salvaguardare l’esigenza di riservatezza di chi ha reso dichiarazioni, riguardanti sè stessi o altri soggetti, senza autorizzarne la divulgazione, non attendendo la sfera di interessi in questione alla sola tutela delle posizioni del lavoratore ed essendo queste ultime, comunque, rilevanti “anche in rapporto all'ambiente professionale di appartenenza, più largamente inteso ".

In tali sentenze ciò che è prevalso è stato l’interesse pubblico all’acquisizione delle informazioni a tutela della sicurezza e regolarità dei rapporti di lavoro rispetto al diritto di difesa delle aziende sottoposte ad ispezione.

Infatti, sottolinea la citata circolare ministeriale del 2013:
  • l’interesse pubblico finirebbe con l’essere compromesso dalla reticenza dei lavoratori, cui non si accordasse la tutela della riservatezza;
  • il diritto di difesa del datore di lavoro è comunque garantito dall’obbligo di motivazione per eventuali contestazioni e dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere.
Anche eventuali accorgimenti – come cancellature od omissis - che, in sede di ostensione dei dati, l’Amministrazione potrebbe adottare, sarebbero insufficienti a tutelare la riservatezza dei dichiaranti laddove, soprattutto in ipotesi di imprese di piccole dimensioni, il contenuto delle dichiarazioni permettesse di risalire facilmente al soggetto che le ha rilasciate (si pensi all’azienda con un solo dipendente o al lavoratore individuabile dalle mansioni svolte o dall’orario di lavoro osservato, o dalle informazioni rilasciate in merito agli altri colleghi che lavorano al suo fianco).

La valutazione del caso

Interessante è in questo contesto la sentenza del Consiglio di Stato n. 4035 del 31.7.2013 che non solo ha riaffermato la legittimità delle Direzioni Territoriali del Lavoro di sottrarre all’accesso le dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in sede di ispezione ministeriale ma ha sostenuto la necessità di effettuare una valutazione caso per caso che possa tener conto degli elementi di fatto e di diritto concretamente posti a fondamento della richiesta di accesso, che potrebbe consentire di ritenere prevalente le esigenze difensive del datore di lavoro o, in alternativa, l’interesse pubblico all’acquisizione delle informazioni per il controllo della regolare gestione del rapporto di lavoro.

I lavoratori quali “controinteressati”

La sentenza da ultimo citata (la n. 4035/2013) è, altresì, meritevole di particolare attenzione in quanto chiarisce che ai lavoratori che hanno rilasciato le dichiarazioni agli ispettori, va riconosciuta la qualifica di “controinteressati” con il conseguente riconoscimento, anche dal punto di vista del procedimento amministrativo, di tutti i diritti inerenti a tale qualificazione, spettanti anche nei confronti di eventuali obbligati solidali diversi dal datore dì lavoro.

La sentenza del febbraio 2014

Con la nota del 2 maggio 2014, il Ministero del Lavoro ha richiamato l’attenzione sulla recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 863 del 24 febbraio 2014), la quale, al fine di stabilire un orientamento uniforme sulla questione, la affronta con maggiore ampiezza di considerazioni e contenuti, confermando la legittimità della sottrazione delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva alle istanze di accesso inoltrate dai datori di lavoro o dagli altri coobbligati in solido.

Dopo aver riepilogato i vari orientamenti ed analizzato le norme in gioco che tutelano i contrapposti interessi, il Consiglio ha ritenuto che non possa ritenersi sussistente una recessività generalizzata della tutela della riservatezza delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva rispetto alle esigenze di tutela degli interessi giuridicamente rilevanti delle società che richiedono l'accesso, ma deve, al contrario, ritenersi in via generale prevalente - se non assorbente - la tutela apprestata dall'ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni, contenenti dati sensibili la cui divulgazione potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori, azioni discriminatorie o indebite pressioni.

Quanto sopra viene giustificato in primo luogo dalla necessità di giustizia sostanziale in quanto i lavoratori risultano la “parte debole” del rapporto contrattuale esistente fra loro e le società istanti.
In pratica:

-> i lavoratori devono essere posti in grado di collaborare con le autorità amministrative e giudiziarie e di presentare esposti e denunce, senza temere possibili ritorsioni nell’ambiente di lavoro nel quale vivono quotidianamente;

-> la tutela degli interessi giuridici vantati dai datori di lavoro risulta comunque pienamente garantita dall'ordinamento in quanto la conoscenza dei fatti e delle allegazioni contestate alle società datrici di lavoro risulta, di norma, assicurata:

a. dal contenuto del verbale di accertamento relativo alle dichiarazioni che elenca puntualmente le violazioni contestate ed i fatti dai quali sono scaturite, in ossequio al generale principio dell'obbligo di motivazione delle contestazioni amministrative e/o penali;

b. dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere;

c. dalla possibilità di ottenere accertamenti istruttori in sede giudiziaria.

Conclusioni

Alla luce dell’ultima nota ministeriale, le Direzioni Territoriali del Lavoro dinanzi ad una richiesta di accesso a documentazione contenente le dichiarazioni rilasciate da lavoratori in sede di verifica ispettiva, negheranno l’accesso in questione a meno che non ricorrano peculiari e comprovate situazioni, adeguatamente e specificamente motivate dagli istanti.

NORME E PRASSI
- Decreto Ministero del Lavoro n. 757/1994
- Circolare Ministero Lavoro e Politiche Sociali n. 43 dell’8 novembre 2013
- Nota Ministero Lavoro e Politiche Sociali prot. n. 8051 del 2 maggio 2014
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 1604/1996
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza, n. 65/1999
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 1842/2008
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 3798/2008
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 4035/2013
- Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 863/2014
Allegati

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito