La convenienza allo scudo fa i conti con la privacy

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Lo scudo fiscale offre, come si sa, di rimpatriare o regolarizzare le attività finanziarie detenute all’estero in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale. Molti i motivi che spingono i contribuenti all'adesione. Coloro i quali posseggono capitali all’estero non dichiarati in Italia, devono valutare se aderire o meno non basandosi su considerazioni contingenti, tanto meno emotive, ma guardare anzitutto al quadro normativo a contrasto dell’evasione fiscale, sempre più stringente. Tra le ragioni di convenienza economica, si adduce quella secondo cui le somme legalmente rimpatriate potrebbero essere utilizzate per aumentare il capitale delle aziende in difficoltà in tutta tranquillità, avendo garantita legalmente la protezione da sanzioni amministrative e penali.

Al di là dei grandi vantaggi legati all’operazione, non sono da meno le reticenze. Una delle obiezioni poste da chi non crede nello scudo fiscale è quella di perdere la riservatezza, preferendo molti detenere capitali nascosti all’estero al riparo dai creditori o, come spesso accade, dagli stessi familiari. I dati che vengono trattati durante l’operazione di scudo fiscale non sono dati “sensibili”, ma informazioni “comuni”, comunque abbastanza delicate per il contribuente e che quindi richiedono di essere utilizzate con responsabilità. Perciò è imposta un'elevata professionalità all’intermediario che riceve la dichiarazione riservata contenente i dati del contribuente e dell’intermediario, che deve definire i giusti percorsi dei dati in termini di custodia e sicurezza. L’intermediario non deve acquisire il consenso del dichiarante per il trattamento dei dati, se questi vengono usati nell’ambito del mandato che gli è stato conferito, come pure nel caso in cui fosse tenuto a rispondere per disposizione di legge alle autorità. È, però, necessario che l’intermediario invii al contribuente, obbligatoriamente, l’informativa con cui gli spiega come verranno utilizzati i dati e come gli stessi potranno essere oggetto di circolazione interna ed esterna. Il modello di dichiarazione riservata approvato non specifica in che modo l’informativa deve essere fornita, si evince solo che l’obbligo è sanzionato per legge, ma di fatto essa può essere fornita anche oralmente. Di fatto, allo stato attuale, il trattamento dei dati legati allo scudo fiscale non deve essere oggetto di notificazione al Garante della privacy, come di contro accadrebbe nel caso in cui i dati fossero fatti rientrare nell'ambito di una procedura di esame preliminare dei trattamenti antiriciclaggio.

A conclusione, si percepisce che seguendo le disposizioni del codice sulla privacy, l’intermediario è tenuto ad adottare adeguate misure di sicurezza dei dati raccolti, adottando un’elevata professionalità nel custodirli e nell’amministrare le comunicazioni che lecitamente possono essere fatte all’esterno.

L’operazione di scudo fiscale si intreccia anche con l’azione che l’erede deve mettere a segno per vedersi riconosciuta l’eredità detenuta all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale. L’erede può attivare la sanatoria al posto del de cuius con modalità differenti a seconda di quando si è aperta la successione. Per gli eredi la data di morte della persona interessata può fungere da spartiacque in termini di riservatezza. Tutto dipende dalla circostanza se l’eredità si è aperta prima o dopo il 31 dicembre 2008. Se la morte è avvenuta entro il 2008, l’erede deve presentare la dichiarazione riservata a nome proprio, cioè si avvale dell’ordinario regime di riservatezza e valorizza le attività ereditate e scudate seguendo le stesse regole che valgono per tutti i contribuenti. Gli obblighi relativi all’imposta di successione vengono, poi, assorbiti dallo scudo fiscale. Viceversa, se la persona è morta nel 2009, la dichiarazione riservata va presentata a nome del defunto, anche se ora è firmata dall’erede. In tal caso, si perde il regime di riservatezza e per aderire allo scudo fiscale si deve aprire un conto corrente ordinario, cioè non segretato, a nome di tutti gli eredi e l’ammontare da indicare nella dichiarazione riservata è il valore dell’attività che si intende sanare. L’imposta di successione non è assorbita dallo scudo fiscale e l’importo scudato va inserito nella dichiarazione di successione. A questo proposito, è intervenuta anche la circolare n. 43/E/2009, che ha sottolineato come deve essere considerata l’imposta straordinaria pagata per lo scudo fiscale: essa “non costituisce per il contribuente un importo deducibile né compensabile, ai fini di alcuna imposta, tassa o contributo”.

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