La compensazione delle spese di lite non esclude le sanzioni tributarie

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La compensazione delle spese di lite non esclude le sanzioni tributarie

La pronuncia di compensazione delle spese del giudizio fiscale per incertezza normativa non comporta, necessariamente, anche il venir meno delle sanzioni amministrative tributarie.

Si tratta di fattispecie legali differenti e con presupposti normativi diversi.

E' quanto puntualizzato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 9560 del 5 aprile 2023, nel pronunciarsi in riferimento ad una lite tributaria tra una società contribuente e l'Amministrazione finanziaria, il cui oggetto del contendere risiedeva nell'interpretazione del giudicato formatosi nei giudizi sugli atti impositivi presupposti.

A detta dell'Ufficio finanziario, per come confermato dalla CTR, si trattava di giudicato favorevole all'Ufficio mentre secondo la contribuente il giudicato andava a suo favore e comportava la disapplicazione, e la non debenza, delle sanzioni amministrative tributarie di cui alla cartella impugnata.

Spese compensate per incertezza normativa? Le sanzioni tributarie possono restare

Nel respingere la tesi della società ricorrente, gli Ermellini hanno evidenziato l'atipicità e l'elasticità della valutazione ai fini della decisione sulle spese di lite, contrapposta alla rigorosa delimitazione dei presupposti necessari ai fini della disapplicazione delle sanzioni.

Tali caratteristiche escludono che l'accertamento in concreto dell'incertezza normativa, sufficiente per la compensazione delle spese di giudizio, comporti necessariamente anche il coincidente accertamento dell'esimente dall'applicazione delle sanzioni tributarie.

Per la Cassazione, infatti, si tratta di due "fatti" diversi già nelle differenti fattispecie normative astratte nelle quali l'"incertezza" dovrebbe sussumersi in un caso e nell'altro.

Differenti, del resto, sono i momenti rispetto ai quali la valutazione dell'incertezza medesima va fatta retroagire.

Ai fini della disapplicazione delle sanzioni, rileva l'impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nella contestualità della condotta illecita che l'ha violata, con incidenza sull'elemento psicologico dell'autore della condotta.

Per quanto riguarda, invece, l'attribuzione delle spese di lite, viene in rilievo l'incertezza che sussista all'atto, necessariamente successivo, di agire o resistere in giudizio che non "scusa" la condotta sostanziale controversa, ma evidenzia in qualche modo la "necessità" del ricorso alla tutela giudiziaria, e comunque la natura non pretestuosa dell'azione o della resistenza in giudizio.

In definitiva, la Suprema corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui:

"La pronuncia con la quale il giudice tributario di merito, ai sensi dell'art. 15, co.2, D. Lgs. n. 546/1992, compensi le spese di giudizio per gravi ed eccezionali ragioni, individuandole nell'"incertezza normativa", non comporta necessariamente il contemporaneo accertamento della sussistenza in fatto ed in diritto anche delle obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni prevista dall'art. 6, co.2, D. Lgs. n. 472/1997, ai fini della disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie".

Ciò in considerazione "della differenza delle relative fattispecie legali in ordine sia al concetto di "incertezza" in ciascuna sussumibile, sia alla ratio della sua rilevanza ed agli effetti della sua rilevazione, sia al momento rispetto al quale deve farsi risalire il suo accertamento".

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