La chiamata in causa non è legittimata dalla semplice chiamata all'eredità
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 25 ottobre 2010
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La Cassazione, con la sentenza n. 21101 del 13 ottobre 2010, ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato da tre fratelli, chiamati all'eredità della madre deceduta, avverso un avviso di accertamento relativo alla posizione di quest'ultima per l'anno 2003.
In particolare, la Commissione tributaria regionale della Campania aveva statuito che, benché i tre ricorrenti non avessero accettato l'eredità, era legittimo che gli stessi, quali chiamati all'eredità, fossero coinvolti nella causa per l'accertamento in sede contenziosa di un debito tributario contestato al loro de cuius.
Diversa l'interpretazione dei giudici di legittimità, secondo cui è solo l'erede che abbia accettato l'eredità, a seguito della confusione dei patrimoni, a dover rispondere delle obbligazioni del defunto e, quindi, a poter essere chiamato in causa in un procedimento di accertamento del credito.
Secondo la Corte, infatti, nel caso in cui non vi siano ancora eredi, il creditore - nella specie il Fisco - per poter ottenere l'accertamento giudiziale del proprio credito nei confronti di un soggetto deceduto, deve procedere esclusivamente proponendo istanza di nomina di un curatore che si occupi dell'eredità giacente, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 528 del Codice civile.
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