Ius soli, criticità della norma del 1992 e nuove proposte di legge
Pubblicato il 28 settembre 2017
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Proteste in Aula
In Italia si torna a discutere di “Ius soli”, ovvero il diritto di cittadinanza per i figli di stranieri nati in territorio italiano. Dopo l’approvazione alla Camera, il nuovo disegno di legge - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza – è passato quindi all’esame del Senato, il 15 giugno 2017. Tuttavia, ad oggi, la proposta di legge si trova in una situazione di inerzia, che è stata denunciata oltretutto dal movimento “Italiani senza cittadinanza”, con richieste di velocizzazione del dibattito sulla norma. Ripresa quindi la discussione a Palazzo Madama, continua la polemica. I democratici stanno spingendo per un’approvazione entro la fine della legislatura, adesso che è stato incassato il via libera di Alleanza Popolare. Nondimeno persistono proteste in Aula da parte dei deputati della Lega, che a più riprese hanno urlato “vergogna” ed esposto cartelli con scritto “la cittadinanza non si regala”.
La Proposta in esame introduce anche una fattispecie di acquisto della cittadinanza in seguito ad un percorso scolastico, il cosiddetto “ius culturae”. Al voto finale si sono astenuti i deputati del Movimento 5 Stelle che hanno definito il Ddl una “legge vuota”, mentre contro il testo hanno votato i parlamentari di Lega Nord, Fratelli d’Italia e parte di Forza Italia. In aggiunta ai contrari, la proposta di legge vede tra gli ultimi avvenimenti, attacchi da un sit in di protesta organizzato da Casapound.
La situazione odierna: Legge n. 91/1992
la cittadinanza italiana è regolata dalla Legge 5 febbraio 1992, n. 91 (e il Dpr n. 362/1994) che, differentemente dalla precedente legge, accresce la valenza della volontà individuale nell’acquisto e nella perdita della cittadinanza e riconosce il diritto alla titolarità contemporanea di più cittadinanze. I principi che delineano la cittadinanza italiana sono: la trasmissibilità della cittadinanza per discendenza (principio dello “ius sanguinis”), la possibilità della doppia cittadinanza, la manifestazione di volontà per acquisto e perdita e l’acquisto per nascita sul territorio (“iure soli”) solo in alcuni casi.
Ius sanguinis
Nello specifico, la cittadinanza italiana può essere acquisita per filiazione (“ius sanguinis”): è il caso in cui è cittadino per nascita il figlio di padre e madre cittadini. Stando così le cose, viene confermato lo ius sanguinis come principio cardine per l’acquisto della cittadinanza, mentre lo ius soli resta un’opzione residuale ed eccezionale. Inoltre, la Legge del 1992, all’art. 7, intese garantire ai figli dei nostri emigrati, il mantenimento del legame con il Paese di origine degli ascendenti, introducendo un’importante eccezione al principio dell’unicità della cittadinanza.
Per procedere al riconoscimento della cittadinanza è necessario accertare che la discendenza abbia inizio da un avo italiano, accertare inoltre che l’avo cittadino italiano abbia mantenuto la cittadinanza sino al momento in cui il discendente è nato. Inoltre, la mancata o, al contrario, l’eventuale data di naturalizzazione dell’avo, deve essere comprovata tramite attestazione rilasciata dalla competente Autorità straniera. A tal proposito è necessario aggiungere che la trasmissione della cittadinanza può avvenire anche per via materna solo per i figli nati dopo il 01.01.1948, data di entrata in vigore della Costituzione. Il richiedente ha l’onere di presentare l’istanza, con annessa documentazione completa e regolare, presso l’Ufficio consolare nell’ambito della cui circoscrizione risiede lo straniero originario italiano.
Ius soli
L’acquisto della cittadinanza per nascita sul territorio italiano (“Ius soli”), con l’odierna legge, rimane un’ipotesi residuale ed eccezionale, applicabile solo per colui, i quali genitori siano ignoti o apolidi o non trasmettano la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato del quale sono cittadini, o per il figlio di ignoti che venga trovato abbandonato in territorio italiano e di cui non si riesca a determinare la cittadinanza.
Particolare rilevanza è riservata dalla Legge n. 91/1992 all’acquisto della cittadinanza durante la minore età in seguito alla dichiarazione giudiziale della filiazione, all’adozione e alla naturalizzazione del genitore.
Inerentemente alla dichiarazione giudiziale della filiazione, l’art. 2, comma 1 Legge n. 91/1992 asserisce che è cittadino italiano il minore che viene riconosciuto come figlio da un cittadino italiano o che è dichiarato tale da parte di un giudice. Nel caso in cui il figlio in questione sia maggiorenne, questi acquista la cittadinanza italiana solo se entro un anno dal provvedimento esprime la propria volontà, attraverso una “elezione di cittadinanza”.
Con riguardo all’acquisto della cittadinanza per adozione, viene riconosciuta la cittadinanza italiana al minore straniero adottato da cittadino italiano tramite provvedimento dell’Autorità Giudiziaria italiana, ovvero, in caso di adozione pronunciata all’estero, mediante provvedimento dell’Autorità straniera reso efficace in Italia con ordine di trascrizione nei registri dello stato civile. Se l’adottato è maggiorenne, può acquistare la cittadinanza per naturalizzazione, trascorsi cinque anni di residenza legale in Italia dopo l’adozione.
Infine, per quanto concerne la naturalizzazione dei genitori, secondo l’art. 14, i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza. L’acquisto avviene automaticamente alla sola condizione della convivenza e sempre che si tratta di un soggetto minorenne secondo l’ordinamento italiano. Inoltre, perché il genitore divenuto italiano possa trasmettere lo status civitatis, al figlio occorrono il rapporto di filiazione, la minore età del figlio e la convivenza con il genitore.
Iure matrimonii
La cittadinanza viene oltretutto riconosciuta per matrimonio con cittadino/a italiano/a (“iure matrimonii”) ed ancora, può richiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana lo straniero con periodo di regolare residenza in Italia di almeno dieci anni, qualora dimostri di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere condanne penali e in assenza di impedimenti per la sicurezza della Repubblica. Per uno straniero con cittadinanza europea, la permanenza ininterrotta nel nostro Paese si riduce a quattro anni.
Passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli: cosa comporterebbe?
Al fine di comprendere quale situazione si potrebbe verificare al passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli, è necessario delineare gli aspetti che caratterizzano quest’ultimo. Lo ius soli (diritto del suolo) è un'espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza di un Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati nel territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
Ius soli temperato e ius culturae
Il Ddl alla Camera mira a introdurre uno “ius soli temperato” e “ius culturae”, che pone alcune condizioni per l'ottenimento della cittadinanza.
Lo “ius soli temperato” prevede che i bambini nati in Italia da genitori stranieri possono acquisire la cittadinanza italiana se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure di permesso di soggiorno dell'Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo, e lo “ius culturae” secondo il quale i minori stranieri nati in Italia potranno ottenere la cittadinanza italiana nel caso in cui abbiano la frequenza scolastica. La norma richiede, in particolare, la frequentazione scolastica per almeno 5 anni, fino al sedicesimo anno di età (che la legge italiana fissa come termine per l’obbligo scolastico) di uno o più cicli presso istituti del sistema nazionale di istruzione, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali. La frequenza del corso di istruzione primaria deve essere coronata dalla promozione. Servirà la dichiarazione di volontà di un genitore, o di chi ne esercita la responsabilità, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il diciottesimo anno. In assenza di tale dichiarazione potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il ventesimo anno. Altrimenti, per gli stranieri nati e residenti in Italia legalmente, senza interruzioni, fino a 18 anni, il termine per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza sale a due anni dalla maggiore età.
Naturalizzazione
Vi è, in conclusione, un ulteriore caso che tuttavia non introduce un diritto, ma rientra comunque nell’ambito dell’acquisto della cittadinanza: la “naturalizzazione”, ossia, un provvedimento discrezionale, concesso con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del ministro dell’Interno, che va richiesto al Prefetto o all’Autorità consolare. Gli eventuali beneficiari sono gli stranieri arrivati in Italia prima del compimento della maggiore età e legalmente residenti da almeno sei anni nel territorio dello Stato. Altra condizione è la regolare frequenza di un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso istituti del sistema nazionale d’istruzione, o di un percorso di formazione professionale, con conseguimento altresì della relativa qualifica. Per i maggiorenni permangono le regole attuali, secondo le quali diventa cittadino italiano chi ha soggiornato per dieci anni consecutivi in Italia, ridotti a cinque se apolide, e quattro per i comunitari, o per matrimonio con cittadino/a italiano/a. Da ricordare che l’acquisto della cittadinanza è, in ogni caso, subordinato alla valutazione dall’Autorità.
Veronica Silvi
Università degli Studi di Perugia - Facoltà di Giurisprudenza
Quadro delle norme |
Legge n. 91 del 5 febbraio 1992 Dpr n. 362/1994 |
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