Irragionevole negare la cittadinanza se il coniuge muore
Pubblicato il 27 luglio 2022
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E' irragionevole negare allo straniero, che ha presentato la domanda di cittadinanza e ha maturato i relativi presupposti, il riconoscimento della stessa, in ragione della morte del coniuge nella pendenza del procedimento per la relativa attribuzione.
Si tratta di un evento del tutto indipendente sia dalla sfera di controllo dell'istante sia dalla ratio di attribuzione della cittadinanza medesima.
Consulta: morte coniuge va esclusa dal novero delle cause ostative
Lo ha puntualizzato la Consulta nel testo della sentenza n. 195 del 26 luglio 2022, con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 5 della Legge n. 91/1992 (Nuove norme sulla cittadinanza), nella parte in cui non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento.
La Corte costituzionale, in particolare, ha ritenuto fondata la questione di legittimità sollevata, dal Tribunale di Torino, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della intrinseca irragionevolezza.
Segnatamente, l'articolo censurato dispone che: "Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi".
Secondo i giudici costituzionali, negare il riconoscimento della cittadinanza a chi ha presentato, nella qualità di coniuge, la relativa istanza, già supportata dai presupposti costitutivi del diritto, per effetto di un evento naturale sottratto al suo dominio, del tutto estraneo alla sua condotta e che spezza fisiologicamente il legame giuridico, non è ragionevole.
La morte, infatti, anche se scioglie il vincolo matrimoniale, "non fa venir meno la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare, basata sulla solidarietà coniugale, e dunque non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi".
Ascrivere il decesso del coniuge, nella pendenza del procedimento per l’attribuzione della cittadinanza, tra i fattori ostativi al suo riconoscimento - in quanto causa di scioglimento del matrimonio - è irragionevole rispetto a qualsivoglia giustificazione.
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