Investigazioni Gdf in fase cautelare
Pubblicato il 08 giugno 2016
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Le risultanze degli atti investigativi espletati dalla Guardia di Finanza, possono essere utilizzate nella fase cautelare del successivo giudizio penale, senza che scattino le garanzie previste dal codice di rito penale.
E’ quanto precisato dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, respingendo il ricorso di un imprenditore avverso la conferma, in sede di riesame, del sequestro preventivo emesso nei suoi confronti per il reato di cui all’art. 4 D.Lgs 74/2000.
Il ricorrente si doleva, in particolare, della violazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p. (osservanza garanzie del codice di rito), asserendo che detta norma avrebbe dovuto essere applicata sin dal momento delle attività di verifica fiscale amministrativa, in cui la Guardia di Finanza aveva rinvenuto ed acquisito alcuni documenti contabili di per sé costituenti elementi indiziari di reità.
Specificità giudizio cautelare
La Suprema Corte tuttavia respinge il ricorso, innanzitutto evidenziando la specificità della fase delle indagini preliminari – volta a verificare la fondatezza della notizia di reato per l’eventuale successiva azione penale – rispetto al processo vero e proprio, in cui si procede ad accertare la responsabilità penale. Una diversità che si riflette anche tra il giudizio cautelare e quello di merito, con la diversa forza degli elementi posti alla base della misura cautelare nella specie reale e del giudizio di colpevolezza.
A parere della Corte, dunque, con sentenza n 23368 del 7 giugno 2016, non può ritenersi che per il solo rinvenimento, in sede di primo accesso ispettivo amministrativo, di documentazione che fa presumere la sussistenza di irregolarità fiscali, si debba passare dalla procedura tributaria amministrativa a quella penale, con le relative diverse garanzie.
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