Interpretazione del contratto, rilievo anche alla condotta delle parti

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Con la sentenza n. 25840 depositata il 9 dicembre 2014, la Corte di cassazione, Terza sezione civile, ha enunciato alcuni principi di diritto in materia di interpretazione dei contratti alla luce del testo negoziale, della condotta delle parti e del principio di buona fede.

La vicenda all'esame della Suprema corte riguardava una compravendita immobiliare nel cui contesto l'acquirente si era impegnato a pagare parte del prezzo trasferendo ai promittenti venditori una porzione di altro immobile, una volta ristrutturato.

Criteri di interpretazione

I giudici di legittimità, in particolare, hanno precisato che il primo criterio da seguire nell'interpretazione contrattuale consiste nella ricerca della comune volontà delle parti, che deve avvenire – si legge nel testo della decisione – non solo sulla base del testo negoziale, ma in base alla condotta delle parti ed al complesso dei patti contrattuali.

Inoltre – continua la Corte – la regola “in claris non fit interpretatio” non è applicabile in presenza di clausole che, pur se riguardate in sé, “non siano coerenti con l'intenzione delle parti, per come desumibile dalle altre parti del contratto”.

E nel caso sussista un collegamento negoziale tra più contratti, la Corte precisa che ciascuno di essi va interpretato tenendo conto della condotta dei contraenti nella stipula e nell'esecuzione dei contratti collegati, se reciprocamente nota.

Infine, se una delle parti manifesti la volontà di attribuire un certo significato ad una clausola ambigua e l'altra presti acquiescenza a tali manifestazioni di volontà, l'interpretazione del contratto secondo buona fede impone di ritenere quella interpretazione coerente con la comune volontà delle parti.
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