Incompatibilità avvocato-presidente di Cda. Determinante la sussistenza di poteri di gestione

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Con sentenza n. 25797 depositata il 18 novembre 2013, le Sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno accolto, con rinvio, il ricorso presentato da un praticante procuratore contro la delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Lecce, confermata dal Consiglio nazionale forense, di revoca dell'autorizzazione all'esercizio della pratica forense in quanto presidente del consiglio di amministrazione di una Srl costituita per la gestione del servizio municipalizzato di farmacia, dalla quale era retribuito e, quindi, in asserita situazione di incompatibilità.

In particolare, il ricorrente ha sottoposto alla Suprema corte il quesito se l'incarico di presidente del consiglio di amministrazione della srl rientrasse nella previsione dell'esercizio del commercio in nome proprio o altrui, che, a norma dell'articolo 3, comma 1 del Regio decreto-legge n. 1578/1933, è incompatibile con l'esercizio della professione di avvocato.

Secondo la Cassazione, in particolare, detta incompatibilità sussisterebbe qualora risulti che l'incarico comporti effettivi poteri di gestione o di rappresentanza.

Ma a detto principio non si era attenuto il Cnf che aveva ritenuto la carica di presidente del consiglio di amministrazione di per sé incompatibile con l'esercizio della professione di avvocato, omettendo, tuttavia, di accertare se il ricorrente fosse titolare di effettivi poteri di gestione, così incorrendo nella falsa applicazione della norma contenuta nell'articolo sopra richiamato.
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