Inammissibile il ricorso al TAR avverso il provvedimento di prescrizione

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Gli ispettori del lavoro della DTL effettuano un accesso ispettivo presso un cantiere edile ove constatano la presenza al lavoro di alcuni dipendenti dell’Impresa Alfa S.r.l. Nell’occasione gli ispettori riscontrano violazioni in materia di sicurezza del lavoro e adottano provvedimenti di prescrizione con i quali obbligano il contravventore Caio, legale rappresentante dell’Impresa Alfa S.r.l., alla rimozione degli illeciti e al ripristino delle condizioni di regolarità. Caio ritiene che la contestazione mossa dagli ispettori sia illegittima e i provvedimenti di prescrizione meritevoli di annullamento. Quale azione è data ad Alfa S.r.l. per contestare l’operato degli ispettori?




Le funzioni degli ispettori del lavoro

Tra le competenze che la legge assegna al personale ispettivo assume importanza prioritaria l’esercizio della funzione di vigilanza “sulla tutela dei rapporti di lavoro e di legislazione sociale ovunque sia prestata attività di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale, tipico o atipico, di volta in volta utilizzato”, e “sulla corretta applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro”.

Nell’esercizio di tale funzione gli ispettori acquisiscono informazioni sui luoghi in cui si svolge l’attività di lavoro, sulle condizioni di sicurezza ivi osservate, sulle stesse modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e sulla corretta gestione dei rapporti di lavoro.

A tal fine è conferita agli ispettori la facoltà di interrogare il personale occupato nell’impresa e, più in generale, qualsiasi soggetto che appaia in grado di fornire elementi utili all’indagine, oltre alla facoltà di prendere visione di atti e documenti utili all’indagine. A tali prerogative corrisponde un obbligo di riscontro veritiero da parte del soggetto interpellato.

Le funzioni di polizia amministrativa
Tale attività ha generalmente natura amministrativa ed è disciplinata da specifiche norme di settore e dalle regole sul procedimento amministrativo in genere. Le violazioni di natura amministrativa contemplano esclusivamente il pagamento di una sanzione pecuniaria o mediante procedura di diffida ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. n. 124/04, ovvero tramite contestazione ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/81.

Le funzioni di polizia giudiziaria
Tuttavia, qualora nel corso di tale attività emergano indizi di un reato previsto dalle leggi sul lavoro e la previdenza sociale, il personale ispettivo è tenuto, ai sensi dell’art. 55 c.p.p., a operare in veste di ufficiale di polizia giudiziaria, precedendo quindi al compimento dei relativi atti, in osservanza delle garanzie previste dal codice di procedura penale.

Attese le radicali differenze che caratterizzano l’attività di polizia amministrativa e quella di polizia giudiziaria, assume un’importanza dirimente individuare il criterio che distingue tali funzioni attribuite agli ispettori del lavoro.

Il criterio che determina il passaggio dalla funzione di polizia amministrativa a quella di polizia giudiziaria
In passato la Corte Costituzionale ha ritenuto che l’attività svolta dal personale ispettivo, avente di per sé natura amministrativa, si converte in attività di polizia giudiziaria nel momento in cui gli ispettori vengano a conoscenza di una vera e propria notizia di un reato e debbano conseguentemente compiere atti profondamente invasivi nella sfera giuridica del soggetto sottoposta a controllo; atti che pertanto richiedono il rispetto delle garanzie previste dal codice di procedura penale.

Tale interpretazione, per quanto autorevole, sconta inevitabilmente un fattore di inadeguatezza temporale, causato dai sostanziali cambiamenti sociali e normativi nel frattempo intervenuti in seno all’ordinamento. Basti sul punto evidenziare la progressiva evoluzione (quantomeno sul piano astratto) quantitativa e qualitativa del nucleo dei diritti di libertà e dei doveri a essi correlati e della difficile opera di adeguare gli standard delle prestazioni rese dagli apparati istituzionali alle esigenze dettate dal repentino cambiamento della società. Ciò ha portato parallelamente a modifiche normative di carattere strutturale che hanno interessato non solo il versante della giustizia, ma anche i settori sottoposti alle relative regole, tra cui il mercato del lavoro, ove anche gli organi di vigilanza, a loro volta, sono stati incisi da radicali interventi, protesi ad attualizzarne il ruolo e le funzioni, in vista della realizzazione dei mutati interessi superiori tutelati e con il fermo rispetto delle garanzie dei soggetti coinvolti nell’attività di indagine.

Di ciò ne sono testimonianza anche gli orientamenti giurisprudenziali che si sono formati in materia. Come testualmente rilevato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte si è cercato di sopire il “[…] disagio diffusamente avvertito dagli operatori giuridici più sensibili di fronte all'imperante opinione della possibilità di acquisizione illimitata al procedimento penale di atti di qualsivoglia natura compiuti in sede amministrativa o nell'esercizio di attività indagatorie di vario genere […]”

Nell’occasione le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere sull'utilizzabilità o meno a fini probatori della testimonianza dell'ispettore del lavoro sulle dichiarazioni a lui rese nel corso di un'inchiesta amministrativa, da persona poi sottoposta a procedimento penale per fatti emersi dall'inchiesta medesima. E i Giudici di legittimità hanno optato per l’inammissibilità di tale testimonianza osservando “[…] che il significato dell'espressione quando...emergono indizi di reato’ - contenuta nell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e tesa a fissare il momento a partire dal quale, nell'ipotesi di svolgimento di ispezioni o di attività di vigilanza, sorge l'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale - deve intendersi nel senso che presupposto dell'operatività della norma sia non l'insorgenza di una prova indiretta quale indicata dall'art.192 cod. proc. pen., bensì la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata” .

Si tratta di un'adesione espressa alla “soluzione più rigorosamente garantistica”, giacché ogni volta che venga riscontrata la mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa, l’ispettore del lavoro è tenuto a svestire “l’uniforme” amministrativa per la “divisa” di Ufficiale di Polizia giudiziaria ed a sottostare conseguentemente alle norme del codice di procedura penale.

Limiti all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria
Va rilevato comunque che tali funzioni, attribuite agli ispettori del lavoro dall’articolo 6 comma 2 del D.lgs. n. 124/2004, sono tuttavia circoscritte per materia ed entro precipui limiti di tempo. Ciò significa che, secondo le istruzioni diramate sul punto dal Ministero del Lavoro, le funzioni di polizia giudiziaria sono inerenti solo “[…] all’attività di servizio (durante lo svolgimento del proprio orario di lavoro e non in maniera permanente), [e] alle materie sulle quali lo stesso è esercitato (lavoro e legislazione sociale)”.

Ad ogni modo, seguendo il criterio segnato dalle SS.UU., ove l’ispettore del lavoro ravvisi la mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e tale fatto rientri latu sensu nelle materie di lavoro e legislazione sociale, il predetto deve svolgere la propria attività nel rispetto delle garanzie procedurali imposte dal codice di procedura penale. Ciò significa anche che laddove in base all’attività svolta l’ispettore del lavoro riscontri elementi probatori che giustifichino la sussistenza del fatto di reato, per il quale la legge commina la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda o con la sola ammenda, il procedimento deve essere definito pregiudizialmente in via amministrativa mediante l’adozione del provvedimento di prescrizione obbligatoria. Con tale provvedimento l’ispettore intima al contravventore di eliminare le conseguenze dannose dell’illecito entro il termine fissato nel provvedimento stesso.

Il Ministero del Lavoro ha precisato che “la prescrizione si applica non soltanto quando l’inadempienza può essere sanata, ma anche nelle ipotesi di reato a condotta esaurita, vale a dire nei reati istantanei, con o senza effetti permanenti, nonché nelle fattispecie in cui il reo abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione”.

L’atto di prescrizione è tipicamente amministrativo?
Nel caso pratico de “L'ispezione del lavoro” del 16 settembre 2011 “Gli ordini impartiti dall'ispettore del lavoro: che cosa succede quando sono disattesi? Può essere adottato atto di prescrizione?” sono state espresse considerazioni sulle conseguenze in ordine alla procedibilità o meno dell’azione penale laddove l’organo ispettivo decida di non adottare il provvedimento di prescrizione.

In tale sede, invece, occorre illustrare gli strumenti di tutela che l’ordinamento conferisce al destinatario dell’atto di prescrizione qualora tale atto venga adottato, se del caso in violazione dei presupposti di legge.

In altri termini si tratta di verificare se l’atto di prescrizione possa essere trattato come un provvedimento amministrativo tout court e come tale sottoposto agli ordinari rimedi previsti per il controllo giurisdizionale (ricorso al TAR regionale) o giustiziale dell’atto (ricorso amministrativo). Oppure se tale provvedimento, sebbene adottato da un organo della P.A., fuoriesca dal novero degli atti tipicamente amministrativi e costituisca piuttosto un vero e proprio atto di polizia giudiziaria, appartenente pertanto al procedimento penale.

Va subito detto che non risulta che il Ministero del Lavoro abbia assunto sul tema una posizione ufficiale.

In sede pretoria invece si registrano due opposti orientamenti, formatesi entrambi in seno alla giurisprudenza amministrativa.

Secondo un primo indirizzo, che può ritenersi minoritario, il provvedimento di prescrizione apparterrebbe al novero degli “atti posti in essere da un organo della P.A. nell'esercizio di poteri aventi contenuto in parte discrezionale ed in parte tecnico” e come tale radicherebbe la giurisdizione di legittimità del Giudice Amministrativo. Con la conseguenza che eventuali vizi invalidanti devono essere sollevati con ricorso al TAR regionale competente, nel termine decadenziale di 60 giorni, decorrenti dal momento in cui l’atto sia giunto a conoscenza del destinatario.

Logico corollario di tale orientamento è che il provvedimento di prescrizione, in quanto atto della P.A., potrebbe essere censurato anche con gli ordinari strumenti previsti per la giustiziabilità dell’atto amministrativo in genere e cioè con ricorso amministrativo.

Di contro l’orientamento maggioritario, fatto proprio anche dal Consiglio di Stato, ritiene che “l'atto con cui il funzionario ispettivo, nella sua qualità di ufficiale di polizia giudiziaria, accerta, ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. n. 758 del 1994, la fattispecie contravvenzionale e contestualmente dispone prescrizioni all'impresa datrice di lavoro, fissando un termine per l'eliminazione delle irregolarità, non è annoverabile tra i provvedimenti amministrativi, dovendosi ad esso attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria, rispetto al quale il giudice amministrativo difetta di giurisdizione”.

Trattasi di indirizzo in passato seguito anche dalla Suprema Corte di Cassazione rispetto agli atti di prescrizione adottati dai funzionari ispettivi dell’ASL, in veste di ufficiali di polizia giudiziaria. Nell’occasione i Giudici di legittimità avevano statuito che “[…] l'atto con il quale l'ufficiale di polizia giudiziaria della Asl, in esecuzione di delega di indagine da parte del p.m. ai sensi degli art. 370 c.p.p. e 20 commi 1 e 4 d.lg. n. 758 del 1994, all'esito di sopralluoghi nel corso dei quali riscontra violazioni antinfortunistiche, emette la prescrizione di rimuovere le violazioni accertate nei confronti del datore di lavoro, nella persona del destinatario della normativa prevenzionale, non è da considerarsi atto di natura amministrativa, come tale soggetto alla cognizione della giustizia amministrativa”. Secondo i Giudici di Palazzo Cavour infatti “il suddetto provvedimento […] rientra tra gli atti di polizia giudiziaria delegati dal p.m., e come tali attribuita alla cognizione esclusiva del giudice ordinario

Orbene a dirimere il contrasto sono intervenute recentemente le SS.UU. della Suprema Corte quale organo regolatrice della giurisdizione. Nell’occasione è stato osservato che il provvedimento di prescrizione rappresenta “ […] presupposto procedimentale che condiziona […] il futuro sviluppo della azione penale”, con ciò confutando, sia pur non espressamente, il principio precedentemente affermato in seno agli stessi Giudici di Legittimità che di contro avevano ritenuto procedibile l’azione penale anche in difetto di prescrizione.

In ragione di ciò l’atto di prescrizione non potrebbe che rientrare nel novero degli atti tipici di polizia giudiziaria, giacché “[…] promana da un organo che, in quanto esercente le funzioni previste dall'art. 55 cod. proc. pen., è posto alle dipendenze e chiamato ad operare sotto la direzione della autorità giudiziaria, a prescindere (e, dunque, in piena autonomia funzionale) dal plesso ordinamentale in cui risulti iscritto da un punto di vista burocratico ed amministrativo”.

Da ciò i giudici della S.C. traggono le conclusioni per cui “l'atto con il quale l'organo di vigilanza, ai sensi del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 20 avendo accertato una contravvenzione alla normativa in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, impartisca le opportune prescrizioni fissando un termine per l'eliminazione delle irregolarità, non è annoverabile fra i provvedimenti amministrativi - dovendosi ad esso attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria - ed è quindi sottratto alle impugnazioni previste per i suddetti provvedimenti, tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale”.

Ne segue pertanto che ogni doglianza che si volesse muovere avverso l’atto di prescrizione potrà essere sollevata solamente dinanzi al giudice penale nel procedimento conseguente all'eventuale inottemperanza della prescrizione stessa.

Trattasi di una conclusione che, a giudizio degli scriventi, è pienamente coerente con la prospettazione sopra esposta sul criterio che giustifica il “passaggio” dell’esercizio delle funzioni di polizia amministrativa, connaturate al ruolo svolto dall’organo di vigilanza, in quelle di polizia giudiziaria.

Alla luce di tale recente e per quel che riguarda il caso di specie può affermarsi che Caio, legale rappresentante dell’Impresa Alfa S.r.l, nei cui confronti gli ispettori del lavoro hanno contestato, mediante provvedimenti di prescrizione, violazioni in materia di sicurezza, non è onerato a impugnare tali provvedimenti dinanzi al TAR nel termine decadenziale di 60 giorni, decorrenti dalla conoscenza integrale degli atti medesimi. Piuttosto Caio, ove decida di confutare le valutazioni espresse dagli ispettori del lavoro, deve rimanere inottemperante alle prescrizioni impartite e attendere l’avvio del giudizio penale nell’ambito del quale potrà spendere ogni argomentazione difensiva utile per conseguire una sentenza a sé favorevole.


NOTE

i Art. 7, comma 1, lett. a), b), del D.lgs. n. 124/04.

ii Art. 4, comma 7, della L. n. 628/61.

iii Con particolare riferimento al D.lgs. n. 124/04, nonché alla L. n. 183/10 e per quel che riguarda gli spetti tipicamente sanzionatori alla L. n. 689/81.

iv Cfr. L. n. 241/90 e succ. mod. e integr..

v In tal caso gli ispettori del lavoro devono provvedere, ai sensi dell’art. 347 del c.p.p, a dare immediata notizia all’Autorità Giudiziaria dei fatti e delle eventuali violazioni riscontrate. Laddove invece l’ispettore del lavoro riscontri la commissione di reati in materie diverse da quelle di sua attribuzione procederà in veste di pubblico ufficiale a inoltrare unicamente la comunicazione all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 331 del c.p.p.

vi L’art. 220 disp.att. c.p.p. impone l’osservanza delle norme del c.p.p. anche nel compimento di attività ispettive o di vigilanza ogni qual volta, in presenza di indizi di reato, sorga l’esigenza di assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale.

vii Cfr. Corte Cost. n. 10 del 1971.

viii Trattasi di atti di coercizione quali in via esemplificativa le perquisizioni personali ovvero il sequestro di atti o documenti pertinenti al reato.

ix Il riferimento è all’introduzione del nuovo codice di procedura penale del 1989, via via integrato e modificato nel corso degli anni.

x Tra gli interventi più significativi si citano la L. n. 196/97 (c.d. Pacchetto Treu), il D.lgs. n. 276/03 (c.d. Riforma Biagi) e da ultimo alla L. n. 183/10 (c.d. Collegato Lavoro). Si aggiunga che è alle porte, o meglio è stata annunciata, un’ennesima riforma strutturale del mercato del lavoro che dovrebbe entrare in vigore entro l’anno in corso.

xi Cfr. Cass. pen. Sez. Unite, 28/11/2001, n. 45477.

xii Cfr. Cass. pen. Sez. Unite n. 45477 cit.; Cass. pen. Sez. II, 13/12/2005, n. 2601; Cass. pen. Sez. III, 23/06/2010, n. 34611; per l’applicazione di tale principio anche Corte cost. Sent., 30/07/2008, n. 305; contra per l’applicazione del divieto di cui all’art. 195 comma 4 c.p.p. Cass. pen. Sez. II, 21/04/2010, n. 15227.

xiii L’art. 6 del D.lgs. n. 124 cit. dispone che tali funzioni sono contenute “nei limiti del servizio e secondo le attribuzioni conferite dalla normativa vigente […]”. Tale dizione riprende sostanzialmente la formulazione dell’art. 8 comma 1 del D.P.R. n. 520/1955.

xiv Cfr. circolare 47 del 2004 del Ministero del Lavoro.

xv La riforma contenuta nel D.lgs. 124/2004 estende alle violazioni di carattere penale delle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale, punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda, la possibilità per l’ispettore, ufficiale di polizia giudiziaria, di impartire la prescrizione, con gli effetti previsti dal D.Lgs. 758/1994.

xvi Cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 24 del 2004; conforme anche la giurisprudenza cfr. Cass. pen. Sez. III, 03/05/2011, n. 34750.

xvii Cfr. T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, 20/03/2009, n. 494; cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, 4 ottobre 2002, n. 5967. Laddove il verbale ispettivo non contenga (come invero non contiene) indicazioni in merito alla tipologia degli strumenti di difesa spendibili innanzi all’organo giurisdizionale amministrativo e sia decorso infruttuosamente il termine decadenziale per l’impugnativa, il destinatario del provvedimento potrebbe invocare, non già l’invalidità dell’atto, bensì, e al più, la regola dell’errore scusabile per la remissione in termine, Cons. Stato Sez. VI, 31/03/2011, n. 1983; conformi T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 29/11/2011, n. 989; cfr. T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 22/08/2011, n. 270.

xviii Cfr. Cons. Stato Sez. VI, 19/05/2010, n. 3153; Cons. Stato Sez. VI, 31/10/2011, n. 5821; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 15/01/2010, n. 54; T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 04/04/2003, n. 362; T.A.R. Veneto Sez. II, 14/10/1998, n. 1694; T.A.R. Piemonte Sez. II, 10/03/1997, n. 130.

xix Cfr. Cass. pen. Sez. I, 14/02/2000, n. 1037; più recentemente Cass. pen. sez. III, 16/6/2009, n. 24791.

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