Inadempienze delle strutture di controllo DOP o IGP: no a sanzione fissa

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Inadempienze delle strutture di controllo DOP o IGP: no a sanzione fissa

La Corte costituzionale, con sentenza n. 40 del 10 marzo 2023, ha dichiarato illegittimo l’art. 4, comma 1, primo periodo, del Decreto legislativo n. 297/2004, recante "Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari", nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa pecuniaria "di euro cinquantamila", anziché "da un minimo di diecimila a un massimo di cinquantamila euro".

La norma in oggetto - che punisce le inadempienze delle strutture di controllo delle produzioni agroalimentari registrate con denominazione di origine o indicazione geografica protetta (DOP o IGP) - era stata censurata dalla Corte di cassazione, sezione seconda civile, nell'ambito in un procedimento vertente tra l’Istituto nord est qualità (INEQ) e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. 

Dalla Corte rimettente, il sospetto di un contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli artt. 42 e 117, primo comma, della medesima Carta costituzionale, quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. addiz. CEDU, in quanto la predetta disposizione - prevedendo per un’ampia gamma di condotte illecite, aventi in concreto diverso disvalore, l’applicazione della medesima sanzione - manifesterebbe un palese difetto di proporzionalità.

Sanzione fissa in contrasto col principio di proporzionalità

Essa - ha, in effetti, evidenziato la Consulta - dispone che ogni inadempienza alle prescrizioni o agli obblighi impartiti dalle competenti autorità pubbliche agli organismi di controllo delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche protette, comprensivi delle disposizioni del piano di controllo e del relativo tariffario, venga punita con la sanzione amministrativa fissa di 50mila euro.

La gamma di condotte riconducibili alla medesima fattispecie sanzionatoria, tuttavia, è quanto mai vasta, di tal ché la previsione in esame, di fatto, equiparerebbe le condotte più gravi e pericolose a quelle di minor rilievo, stabilendo per tutte una sanzione in misura fissa: ciò in aperto contrasto con il principio di proporzionalità delle sanzioni.

Da qui la necessità di rimuovere il vulnus costituzionale in parola attraverso la sostituzione della sanzione censurata con altra conforme alla Costituzione, secondo le regole enunciate dalla costante giurisprudenza della medesima Corte.

Secondo i giudici costituzionali, in particolare, l’ampiezza delle fattispecie punibili imporrebbe la previsione di una misura sanzionatoria graduabile, con applicazione di volta in volta modulata in base alle caratteristiche degli illeciti commessi.

In definitiva, la Corte costituzionale ha ritenuto ragionevole indicare che le violazioni più gravi siano punite con la sanzione pecuniaria di 50mila euro, nel rispetto della scelta legislativa originaria, individuando, al contempo, il minimo edittale in 10mila euro.

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