Ilva. Omissione dolosa di cautele, decorrenza del termine prescrizionale del reato

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Ilva. Omissione dolosa di cautele, decorrenza del termine prescrizionale del reato

Da quando decorre il termine di prescrizione del reato di rimozione od omissione dolosa di cautele, nel caso in cui dal fatto sia derivato un disastro o un infortunio?

Lo ha precisato, da ultimo, la Quarta sezione penale della Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 45935 del 12 novembre 2019.

Giudizi penali a carico di 30 datori e dirigenti Ilva

Gli Ermellini si sono pronunciati nell’ambito di un procedimento penale a carico di trenta soggetti che si erano succeduti nel ruolo di datore di lavoro o di dirigente dell'impresa proprietaria dello stabilimento siderurgico di Taranto, denominato Ilva.

Le imputazioni erano state formulate in due distinti procedimenti:

  • il primo concerneva la morte o la malattia professionale cagionate a sedici lavoratori a seguito dell'esposizione a una particolare miscela di elementi dannosi per la salute dei lavoratori;
  • il secondo riguardava l'imputazione per il reato di omessa adozione di cautele dirette ad evitare l'esposizione dei lavoratori al pericolo di inalazione di fibre di amianto, che aveva cagionato il disastro costituito dall'insorgenza, in ulteriori quindici lavoratori, di malattie tumorali e, conseguentemente, dalla morte degli stessi, nonché le imputazioni di omicidio colposo cagionato esponendo a polveri di amianto i medesimi lavoratori, deceduti all'esito di malattia professionale.

Reato prescritto?

Tra gli altri motivi del suo ricorso, il Procuratore generale aveva impugnato la declaratoria di prescrizione pronunciata dai giudici di merito con riferimento al reato di cui all'art. 437, co. 2 cod. pen. (rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro nel caso in cui dal fatto derivi un disastro o un infortunio).

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale aveva erroneamente individuato il momento a partire dal quale far decorrere la prescrizione del reato, facendolo coincidere con il tempo della insorgenza della malattia- infortunio (mesoteliorna pleurico). A suo dire, invece, il momento da prendere in considerazione era quello del decesso del soggetto passivo poiché era quella la data in cui le conseguenze dannose del delitto erano giunte alla loro massima espressione ed il delitto si era quindi consumato.

Cassazione sul dies a quo

La Suprema corte, rispetto a detta doglianza, ha ritenuto che la Corte di Appello avesse correttamente individuato quale dies a quo il più risalente tra il momento in cui l'imputato aveva cessato la posizione di garanzia e la data di cessazione dell'attività lavorativa delle vittime ammalatesi.

Sul punto, la Cassazione ha enunciato un apposito principio di diritto, ai sensi del quale, “in materia di determinazione del dies a quo del termine di prescrizione del reato di cui all'art. 437, co. 2 cod. pen., ove l'evento aggravatore venga accertato essere l'infortunio, sub specie di malattia-infortunio, e segnatamente il mesotelioma asbesto-correlato, tale dies a quo coincide con un tempo prossimo all'inizio dell'esposizione all'agente nocivo”.

Nel caso, poi, di esposizione durevole – si legge nelle conclusioni della sentenza – “deve farsi riferimento al più anteriore tra il tempo della cessazione dell'esposizione della persona offesa all'agente nocivo e il tempo della cessazione dell'imputato dalla posizione gestoria".

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