Il recesso del socio ha effetto immediato: chiarimenti dalla Cassazione
Pubblicato il 10 giugno 2025
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Ultime precisazioni, della Cassazione, in materia di recesso del socio nelle società per azioni.
Cassazione su recesso del socio e revoca della delibera
Il caso esaminato
Con la sentenza n. 15087 del 5 giugno 2025, la Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, ha affrontato una controversia insorta in seguito all’esercizio del diritto di recesso da parte del socio fiduciario di una Spa, a causa di una delibera assembleare che aveva modificato lo statuto societario in tema di arbitrato e diritti partecipativi.
Successivamente, l’assemblea societaria aveva revocato tali modifiche. Ne era scaturita una complessa controversia sulla legittimazione del socio receduto a impugnare la delibera di revoca, fondata principalmente sull’efficacia del recesso e sulle condizioni previste dall’art. 2437-bis, comma 3, cod. civ., in tema di termini e modalità di esercizio del diritto di recesso.
Il comma 3 dell'art. 2437-bis c.c. richiamato, si rammenta, prevede che: "Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società".
La decisione impugnata
La Corte d’appello davanti cui era giunta la controversia aveva dichiarato l'inammissibilità dell'impugnativa promossa dal fiduciario, ritenendo che quest'ultimo avesse perso la qualità di socio a seguito del recesso, e che quindi non fosse legittimato a proporre l’impugnazione.
Avverso tale decisione, il socio ha proposto ricorso per cassazione, affermando che la successiva revoca della delibera statutaria aveva reso inefficace il recesso, determinando così il riacquisto con effetto retroattivo della qualità di socio e dei connessi diritti, compresa la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso principale, chiarendo che il recesso produce effetti immediati nel momento in cui viene comunicato alla società.
Tuttavia, se la delibera che ha originato il recesso viene successivamente revocata entro i termini previsti dalla legge, il socio riacquista retroattivamente lo status di socio.
Tale riacquisto comporta il recupero della pienezza dei diritti, inclusa la legittimazione ad impugnare le delibere adottate dopo l’esercizio del recesso.
Ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello per l’esame nel merito delle censure sollevate contro la validità della delibera assembleare.
L'analisi della Corte di Cassazione
Nella propria disamina, la Corte ha ripercorso l’evoluzione giurisprudenziale sul tema e ribadito alcuni principi fondamentali.
Il recesso come atto unilaterale a effetti immediati
Ha ricordato, in primo luogo, la consolidata e risalente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il recesso del socio è qualificato come atto unilaterale recettizio, il cui effetto si produce nel momento in cui la relativa dichiarazione viene portata a conoscenza della società.
Tale orientamento riconosce l’efficacia immediata del recesso sulla base della sola manifestazione di volontà del socio, senza che sia necessario attendere la liquidazione della quota.
Esclusione della natura progressiva del recesso
Secondo la Cassazione, per contro, va esclusa la ricostruzione del recesso come una fattispecie a formazione progressiva, destinata a completarsi solo con la liquidazione e il rimborso della quota.
Tale impostazione, infatti, risulta incompatibile con il dato normativo, in particolare con quanto sancito all’art. 2437-bis, comma 3, cod. civ., secondo cui il recesso appare efficace fin da subito, salvo che intervenga – entro novanta giorni – una delibera di revoca o di scioglimento della società.
Il fatto che la legge preveda l’inefficacia sopravvenuta del recesso solo al verificarsi di specifici eventi dimostra che, fin dalla comunicazione, il recesso è pienamente efficace. Produce quindi effetti giuridici immediati.
La liquidazione come fase distinta e successiva
La fase di liquidazione della quota, in tale contesto, non rientra quindi nella definizione della fattispecie del recesso, ma costituisce un momento successivo e distinto, come confermato dall’art. 2437-ter, comma 1, cod. civ., che riconosce al socio il diritto alla liquidazione delle azioni per le quali ha esercitato il recesso.
Del resto, la disciplina del recesso nelle società per azioni, intesa come dichiarazione negoziale a effetti immediati, risponde a una precisa finalità normativa: evitare gli inconvenienti pratici che potrebbero derivare dalla permanenza, nella compagine sociale, di un soggetto che ha manifestato la volontà di uscirne, escludendolo tempestivamente dalla partecipazione alla vita societaria.
Il momento della perdita dello status di socio
A seguire, la Corte si è soffermata su un ulteriore profilo interpretativo: stabilire se la perdita dello status di socio debba ritenersi immediata, quale conseguenza diretta dell’esercizio del diritto di recesso, oppure se i diritti del socio recedente permangano fino al momento in cui il recesso si consolida, cioè decorso il termine previsto per l’eventuale esercizio, da parte della società, del potere di revoca della delibera legittimante o di scioglimento.
Ebbene, per la Cassazione, il socio che esercita il recesso perde tutti i diritti connessi alla sua qualità di socio, siano essi patrimoniali o corporativi. Tali diritti, tuttavia, possono essere riacquisiti con effetto retroattivo nel caso in cui l’assemblea deliberi la revoca della decisione che ha legittimato il recesso oppure lo scioglimento della società.
In assenza di tali condizioni, il socio receduto non ha titolo per impugnare alcuna delibera societaria successiva al recesso.
Il principio di diritto enunciato
In conclusione, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
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