Il mantenimento dei figli maggiorenni

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Il mantenimento dei figli maggiorenni

Il mantenimento dei figli maggiorenni è un tema molto attuale e con importanti implicazioni pratiche.

La Corte di Cassazione, in svariate pronunce, si è trovata a definire i limiti e le condizioni di tale obbligo genitoriale, che poggia su di un preciso quadro normativo.

La normativa

Innanzitutto rileva l'articolo 30 Cost., secondo cui “ E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.”

Il legislatore ordinario specifica poi, agli articoli 147 c.c., 315 bis c.c. e 316 bis c.c., che questo dovere di mantenimento deve tener conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli, e che, inoltre, deve essere svolto in proporzione alle rispettive sostanze dei genitori e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

L'articolo 337 septies c.c. rafforza il quadro, stabilendo che il giudice, in base alle circostanze, può disporre il pagamento di un assegno periodico ai figli maggiorenni non indipendenti economicamente.

Ai sensi dell'articolo 337 ter c.c., in caso di divorzio o separazione, la determinazione dell'assegno di mantenimento periodico deve considerare le esigenze attuali del figlio, il suo tenore di vita goduto in convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche e la valenza dei compiti domestici e di cura assunti da entrambi i genitori.

I limiti al mantenimento

Il raggiungimento della maggiore età dei figli non rappresenta lo spartiacque per l'obbligo di mantenimento a carico dei genitori, come ha ribadito in diverse sue pronunce la Corte di Cassazione (tra le altre, Corte di Cassazione civile, n. 4765 del 3 aprile 2002). Questo, infatti, persiste fino a quando il figlio non abbia raggiunto l'indipendenza economica o sia stato posto dai genitori nelle condizioni di essere autosufficiente, potendo provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita.

Essendo il concetto di “autosufficienza economica” molto generico, la giurisprudenza ne ha definito e specificato la portata, a seconda dei casi concreti.

L'indipendenza economica, da un lato, non si intende raggiunta con qualsiasi impiego o reddito (ad esempio con un lavoro precario), dall'altro lato non è neanche necessario un lavoro stabile: è sufficiente che il figlio disponga di un reddito e di un patrimonio idonei al proprio sostentamento.

E' d’altra parte pacifico che lo status di autosufficienza economica del figlio equivalga ad un reddito corrispondente alla sua professionalità, acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato (tra le altre, Corte di Cassazione civile, Sezione I, n. 20137 del 3 settembre 2013).

Cessazione dell’obbligo di mantenimento 

La cessazione dell’obbligo di mantenimento “genitoriale” risulta ascrivibile, oltreché alla ipotesi ordinaria della intervenuta autonomizzazione, anche a situazioni riconducibili ad un comportamento colposo e negligente del figlio che, posto dinanzi ad offerte di lavoro, le abbia rifiutate ingiustificatamente, oppure abbia mostrato colpevole inerzia, prolungando il percorso di studi in modo non proficuo.

Si tratta, in ogni caso, di un accertamento di carattere relativo, che deve essere parametrato alle capacità ed aspirazioni, al percorso scolastico ed universitario del soggetto, nonché alle condizioni del mercato del lavoro, relativo alla formazione e specializzazione conseguite.

Onere della prova

Per l'esenzione dall'obbligo di mantenimento, è necessario un provvedimento del giudice dichiarativo della intervenuta estinzione della obbligazione ex lege per una delle suindicate cause. In particolar modo sarà onere del genitore che vuole ottenere l'esonero, dimostrare in giudizio l'intervenuta autosufficienza economica o che il mancato svolgimento di attività lavorativa dipende da colpevole inerzia del figlio (in tal senso, Corte di Cassazione civile, sezione III, n. 13184 del 16 giugno 2011).

Obblighi alimentari

E' chiaro, dunque, che il mantenimento del figlio maggiorenne è da escludersi quando, avendo egli svolto una attività lavorativa, abbia raggiunto una capacità idonea al proprio sostentamento.

Va precisato, a tal proposito, che non rilevano eventuali sopravvenute circostanze ulteriori, come la negatività dell'andamento dell'attività commerciale espletata, le quali rendono il figlio momentaneamente privo di un sostentamento economico: l'obbligo di mantenimento è infatti già cessato e non può risorgere (Corte di Cassazione civile, sezione I, n.1761 del 28 gennaio 2008). Sostiene a tal proposito la Corte Suprema (sezione VI, n.1585 del 27 gennaio 2014) che tutt’al più potrebbe sorgere per il genitore un dovere alimentare, il quale però si fonda su presupposti del tutto differenti (art. 433 c.c. e seguenti).

Legittimazione ad agire

La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che il coniuge, il quale provveda direttamente e integralmente al mantenimento del figlio convivente divenuto maggiorenne e non ancora autosufficiente, è legittimato a pretendere l'assegno di mantenimento dall'altro coniuge.

Questa legittimazione, definita concorrente a quella del figlio maggiorenne, è subordinata alla mancata azione giudiziaria di quest'ultimo e si giustifica per il fatto che sul genitore convivente gravano le spese di mantenimento; obbligo solidale in capo ad entrambi i genitori ex articolo 147 e 148 c.c.

Di fronte a tale domanda, il giudice dovrà riconoscere il diritto al contributo fatto valere dal genitore, salva poi la sua discrezionalità nel modulare in concreto il provvedimento, potendo prevedere il versamento solo in capo al genitore o solo in capo al figlio, oppure in parte all'uno ed in parte all'altro.

In tale modulazione si terrà conto sia dell’autonomia del figlio nella cura dei propri interessi, sia dell' interesse del genitore convivente ad ottenere l'anticipazione delle spese su di lui gravanti.

Nicolò Granocchia, Ambra Mostarda, Silvia Scattolini

Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di giurisprudenza 

Quadro delle norme 

l'art. 30 Cost.

art.147 c.c.

art. 148 c.c.

art. 433 c.c.

art. 315 bis c.c.

art. 316 bis c.c.

art. 337 septies c.c.

art. 337 ter c.c.

Corte di Cassazione civile, n. 4765 del 3 aprile 2002

Corte di Cassazione civile, n. 20137 del 3 settembre 2013

Corte di Cassazione civile, n.13184 del 16 giugno 2011

Corte di Cassazione civile, n.1761 del 28 gennaio 2008

Corte di Cassazione civile, n.1585 del 27 gennaio 2014

 

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