Il Fisco “pesa” l’inerenza

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Dopo i recenti documenti di prassi dell’agenzia delle Entrate (circolare 6/E/2009) e Guardia di finanza (circolare 1/2008), si è reso necessario riprendere in esame il principio di inerenza, che per il Tuir rappresenta una delle regole principali poste alla base della determinazione del reddito d’impresa e di quello del lavoro autonomo, tanto che molte volte il Fisco opera delle rettifiche proprio sostenendo la mancata inerenza della spesa o del costo. Nei documenti sopra citati il concetto di inerenza viene – a detta delle Entrate – legato in maniera errata anche a quello delle scelte imprenditoriali (richiesta o meno di rilascio della ricevuta fiscale invece che della fattura), mentre secondo la Guardia di Finanza “il giudizio di deducibilità di un costo per inerenza riguarda la natura del bene o del servizio e il suo rapporto con l’attività d’impresa, da valutarsi in relazione allo scopo perseguito al momento in cui la spesa è stata sostenuta e con riferimento a tutte le attività tipiche dell’impresa stessa”. Si tratta, comunque, di definizioni che circoscrivono l’inerenza in un ambito piuttosto limitato e che non considerano la struttura giuridica dell’imposizione sul reddito d’impresa. Per tali ragioni non sembra corretto parlare di inerenza con riferimento ai soli componenti negativi di reddito, ma occorre considerare anche quelli positivi, dato che l’inerenza deve essere intesa proprio come quel collegamento che vi deve essere tra i vari componenti, sia positivi che negativi, con la funzione economica dell’impresa. Da tale interpretazione discende che non è l’articolo 109 del Tuir la norma che meglio disciplina il concetto di inerenza, mentre sembra prevalere l’opinione secondo cui il principio di inerenza vada ricercato in un principio generale “immanente” nella determinazione del reddito d’impresa. La regola dell’inerenza, dunque, risulta insita nella disciplina del reddito d’impresa, rappresentando il necessario collegamento tra un componente economico e l’attività esercitata dall’imprenditore. In tal modo, il difetto di inerenza potrà essere invocato dal Fisco ogni qual volta si riscontri la mancanza del necessario collegamento con la logica economica dell’impresa.
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