Il diploma magistrale non basta per l'inserimento nelle graduatorie Gae

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Il diploma magistrale non basta per l'inserimento nelle graduatorie Gae

Consiglio di Stato: il possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo.

Pronunce del Consiglio di stato in Adunanza plenaria

Il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, si è pronunciato sul ricorso promosso da alcuni diplomati magistrali contro la sentenza con cui il Tar del Lazio aveva confermato la legittimità del provvedimento ministeriale sulle procedure per l’aggiornamento e l’integrazione della graduatorie ad esaurimento (GAE) per il personale docente ed educativo relative al triennio 2014-2017, poi prorogato al 2019.

I ricorrenti avevano lamentato l'illegittimità di questo provvedimento (D.m. n. 400/2017) nella parte in cui non consentiva l’inserimento nelle GAE dei soggetti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002.

Al fine di ottenere la riforma della sentenza del Tar, i deducenti avevano proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, formulando istanza incidentale di sospensione, ma anche in questa sede le loro doglianze sono state rigettate.

In particolare, con le sentenza n. 4 e 5, entrambe pubblicate il 27 febbraio 2019, l'Adunanza plenaria del CDS ha affermato - peraltro allineandosi a dei principi già enunciati nella sentenza n. 11/2017 - che il possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non è sufficiente per ottnere l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’articolo 1, comma 605, lett. c), della Legge n. 296/2006.

Principi già enunciati nel 2017, retroattivi

Il Collegio amministrativo, in detto contesto, ha inoltre precisato la non ricorrenza dei presupposti per modulare, in maniera non retroattiva, l’efficacia temporale dei principi di diritto enunciati dalla menzionata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 11 del 2017.

Ha, infatti spiegato, come l’istituto del cosiddetto “prospective overruling”, che limita la retroattività dell’interpretazione giurisprudenziale, non possa essere invocato per giustificare la perdurante applicazione di un orientamento interpretativo non espressione di un diritto vivente, “perché sviluppatosi in un arco temporale di pochi mesi e perché fondato su premesse processuali e conclusioni sostanziali che presentano profili di contrarietà a consolidati indirizzi giurisprudenziali di segno opposto”.

Questo, soprattutto “quando l’irretroattività della nuova esegesi avrebbe l’effetto di sacrificare la legittima aspettativa di un’amplia platea di soggetti controinteressati, producendo così effetti in danno degli stessi”.

Non avrebbe senso, infatti, conservare gli effetti nel tempo di una interpretazione errata, quella sul valore abilitante ex se del diploma magistrale, al fine di evitare ripercussioni sociali che, comunque, si produrrebbero a danno di altri soggetti.

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