Il credito IVA da false fatture non è utilizzato? No alla confisca

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Il credito IVA da false fatture non è utilizzato? No alla confisca

Il credito IVA risultante dalla fraudolenta dichiarazione non è stato utilizzato né rimborsato? E’ ingiustificato disporre la confisca per equivalente atteso che manca un profitto illecito.

E’ sulla base di questa considerazione che la Suprema corte, con sentenza n. 26575 del 13 luglio 2021, ha accolto uno dei motivi di impugnazione sollevati da un imprenditore, imputato per reati fiscali, contro la decisione con cui, nel merito, era stata affermata la sua penale responsabilità nonché disposta la confisca per equivalente delle somme, dei valori e dei beni di cui era titolare o nella sua disponibilità, sino alla concorrenza del profitto del reato.

L’accusa si riferiva all’emissione di fatture per operazioni parzialmente inesistenti, emesse da una società amministrata dall’imprenditore in favore di altra società, sempre da lui amministrata, che le aveva indicate nella dichiarazione annuale delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

L’imputato si era rivolto alla Corte di cassazione lamentando, tra le altre doglianze, un vizio di motivazione per quel che concerneva la statuizione relativa alla confisca per equivalente del profitto del reato di cui all'art. 2 del D.lgs. 74/2000.

Secondo la sua difesa, la Corte territoriale non aveva valutato quanto dimostrato in sede istruttoria circa l’assenza di alcun danno per l’Erario e, correlativamente, di alcun profitto illecito.

Era peraltro intervenuto un accertamento per adesione con il curatore fallimentare della società utilizzatrice delle fatture che aveva portato allo stralcio del credito Iva derivante dall’operazione contestata - e anche della somma concordata a titolo di sanzioni ed interessi – rispetto al maggior credito d’imposta vantato dalla società.

Profitto del reato, confiscabilità

Motivo di impugnazione, questo, che il Collegio di legittimità ha giudicato fondato.

Sul punto, gli Ermellini hanno ricordato come, in tema di reati tributari, il profitto del reato confiscabile è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l'imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o portata a credito dal contribuente.

L'evasione di un'imposta, tuttavia, è dato che non può mancare per poter affermare che un profitto illecito vi sia stato, mentre non è sufficiente che, a fronte di un credito IVA non spettante - maturato per l'indicazione nella dichiarazione di una fattura per operazioni inesistenti ed eventualmente fruibile in futuro - lo stesso non sia mai stato in concreto utilizzato per evitare il pagamento di imposte dovute.

Nel caso in esame, anche a prescindere dalle specifiche contestazioni contenute in ricorso circa la sopravvenuta definizione del contenzioso fiscale senza che l'Erario avesse in concreto subito danni, poteva ricavarsi che il credito IVA risultante dalla fraudolenta dichiarazione non era stato utilizzato.

Tale rilievo rendeva manifestamente illogica la statuizione sulla disposta confisca, non contenendo, la stessa, alcuna argomentazione giustificativa.

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