Il committente è responsabile anche se ha nominato il coordinatore per la sicurezza
Pubblicato il 11 aprile 2014
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Tizio proprietario di un terreno e titolare di permesso a costruire affida a plurime imprese la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione. Nell’occasione vengono nominati i coordinatori per la sicurezza. Nel corso delle lavorazioni si verifica un infortunio a un lavoratore occupato da una delle imprese appaltatrici. Il personale ispettivo informato dell’accaduto effettua indagini, su delega della Procura, volte a stabilire l’accadimento dei fatti e le relative responsabilità. È possibile che emerga una responsabilità del committente Tizio?
Premessa
Nella delega di funzioni il delegato non si spoglia completamente della responsabilità, ma conserva pur sempre un obbligo di vigilanza sull’operato del delegato. Tale obbligo si spiega in funzione della posizione di garanzia che assume il delegante rispetto al bene protetto dalla norma. Quando il bene consiste nella salute e nella sicurezza dei lavoratori l’obbligo di garanzia investe coloro che sovraintendono alle lavorazioni, indipendentemente dalla circostanza se assumano la qualifica di datore di lavoro o di committente. Il punto necessita di essere approfondito spendendo alcune considerazioni preliminari sul reato omissivo, avvertendo che le stesse traggono spunto dagli insegnamenti della dottrina tradizionale, ma che autorevoli scuole di pensiero hanno ricostruito l’istituto sotto diverse prospettive.
Il reato omissivo presuppone un obbligo di agire e si distingue in reato omissivo proprio e reato omissivo improprio o commissivo mediante omissione.
Reato omissivo proprio
Il reato omissivo proprio ricorre allorché venga disatteso l’obbligo prescritto dalla norma, senza che occorra la verificazione dell’evento. Si tratta in sostanza di un reato di mera condotta i cui requisiti sono dati:
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dalla situazione tipica che è data dall’insieme dei presupposti da cui scaturisce l’obbligo di agire;
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dalla condotta omissiva consistente nel mancato compimento dell’azione doverosa;
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dal termine, esplicito o implicito, entro il quale l’azione deve essere compiuta;
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dall’elemento soggettivo costituito a seconda dei casi dal dolo o dalla colpa.
Reato omissivo improprio o commissivo mediante omissione
Il reato omissivo improprio invece richiede il mancato impedimento di un evento materiale che il soggetto aveva l’obbligo giuridico di impedire. Si tratta pertanto di un reato, non di mera condotta, ma che richiede la verificazione di un evento e che l’illecito possa essere previsto, tanto da una specifica norma, oppure configurarsi dal combinato disposto della disposizione che prefigura il reato a condotta attiva con la clausola di equivalenza fissata dall’art. 40 comma 2 c.p. a tenore del quale “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Pertanto i requisiti di tale reato sono:
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l’obbligo giuridico di impedire l’evento previsto dall’art. 40 comma 2 c.p.
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il nesso di causalità tra omissione ed evento nel senso che l’omissione debba aver quantomeno agevolato la verificazione del secondo;
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l’elemento soggettivo costituito a seconda dei casi dal dolo o dalla colpa.
Reato omissivo improprio e obbligo di garanzia
La posizione di garanzia riguarda specificatamente i reati omissivi impropri e su questi ultimi va focalizzata l’attenzione, sottolineando che l’obbligo giuridico di impedire l’evento deve essere previsto da una fonte normativa. La fonte può essere una disposizione di legge o contrattuale, essendo comunque necessario che il soggetto sul quale grava l’obbligo abbia l’effettiva possibilità di prendersi in carico la tutela del bene protetto dalla norma e che quindi eserciti di fatto le funzioni che contrassegnano il ruolo del garante, onde scongiurare il verificarsi di fattori rischiosi e potenzialmente lesivi. In sostanza, non il quisque de populo, bensì soltanto il soggetto legittimato, perché gravato da tale obbligo, potrà essere chiamato a rispondere ex art. 40 comma 2 c.p. in combinato disposto con la norma speciale dell’illecito omissivo. La causalità omissiva si fonda così infatti su un giudizio ipotetico, nel senso che il rapporto di causalità si reputa esistente allorché la supposta commissione dalla condotta doverosa prescritta dalla legge determinerebbe la mancata verificazione dell’evento costitutivo del reato.
Posizione di garanzia e committente per lavori edili
La posizione di garanzia può coinvolgere uno o più soggetti tenuti alla gestione del rischio. Nel settore delle lavorazioni edili quest’ultima ipotesi si riscontra allorché l’opera da realizzare venga affidata a più imprese, i cui titolari si avvalgono di soggetti delegati, tra i quali spicca la figura del responsabile dei lavori. Il rischio così si declina concretamente in diverse misure a seconda delle differenti situazioni lavorative e delle distinte sfere di responsabilità che sono chiamate a governare quel rischio.
Tuttavia la sfera di responsabilità di ciascuno non può essere sempre definita e separata con una rigida linea di confine, essendo in realtà tale linea fluida, perché varia al variare delle circostanze concrete. La complessità del quadro e dei soggetti coinvolti porta a interrogarsi se il committente - e cioè il soggetto che concepisce, programma, progetta e finanzia l’opera - preservi o meno una posizione di garanzia per ciò che riguarda la sicurezza dei lavori. Infatti per effetto del D.lgs. n. 626/1994 prima, e poi del D.lgs. n. 81 cit. sono stati abbandonati i concetti di “divieto assoluto di ingerenza” e di “obbligo assoluto di astensione” da parte del committente sull’autonomia strutturale e organizzativa dell’appaltatore.
Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente ai sensi dell’art. 90 commi 3 e 4 del D.lgs. n. 81 cit. è tenuto a designare rispettivamente il coordinatore per la progettazione ed il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. Si tratta allora di verificare se la presenza di queste ultime figure esonerino la responsabilità del committente, gravato, seppure entro certi limiti, del debito di sicurezza verso i lavoratori impegnati nell’esecuzione delle opere appaltate.
Il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità
Secondo l’indirizzo prevalente l’obbligo di garanzia del committente e la correlativa responsabilità non si esplicano nel senso di richiedere a costui l’esercizio di un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. Il committente dovrebbe esercitare un ruolo di alta vigilanza sulla sicurezza del cantiere, che non si confonderebbe con quella operativa demandata al datore di lavoro e cioè ai titolari delle varie imprese appaltatrici ed alla figure che da esso ricevono poteri e doveri, ma si concretizzerebbe in una verifica sull’operato dei soggetti preposti alla sicurezza. In altre parole tale vigilanza riguarderebbe la generale configurazione delle lavorazioni, non il puntuale e stringente controllo, momento per momento, che invece è demandato alle figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto). Così l’obbligo del committente consisterebbe nel verificare che i coordinatori designati adempiano regolarmente e correttamente all’incarico cui sono preposti, onde evitare che le previsioni contenute nel piano della sicurezza restino “lettera morta”.
In caso di plurimi affidamenti l’obbligo di agire del committente si dovrà concentrare sulle modalità operative dei coordinatori designati. È altrettanto vero che, laddove la vigilanza venga svolta in maniera penetrante sulle modalità delle lavorazioni, ciò non potrà che comportare un ampliamento delle rispettive posizioni di garanzia, essendo quest’ultima condizionata e determinata dall’effettiva presa in carico del bene da tutelare e quindi dal mancato esercizio di fatto delle funzioni unilateralmente assunte.
Ciò significa che il contenuto della posizione di garanzia del committente è comunque plasmato dalla modalità concreta con cui viene esercitato il potere di vigilanza. Sicché in base al principio di effettività, che contrassegna la subiecta materia, appare “[...] necessario verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”.
Lavori edili affidati a un’impresa o più lavoratori autonomi
Tale principio porta a ritenere che ove le lavorazioni vengano affidate a un’unica impresa ovvero a uno o più lavoratori autonomi, potrebbe configurarsi una significativa ingerenza del committente, giacché in tale ipotesi non si applicano le previsioni di cui all’art. 90 commi 3 e 4 del D.lgs. n. 81 cit., con la conseguenza che il potere di vigilanza del predetto verrebbe quantomeno contrassegnato dalle incombenze di cui all’art. 26 del D.lgs. n. 81 cit. ed eventualmente da quelle volte a saggiare l’idoneità tecnica-professionale dei soggetti affidatari dei lavori. Allora non pare dubitabile che venendo meno gli obblighi di nomina dei coordinatori la posizione di garanzia del committente potrebbe assumere una dimensione particolarmente ampia, al punto da manifestarsi mediante controlli sostanziali e maggiormente incisivi su tutto quello che riguarda i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore. In altre parole, nel caso in cui il committente non intenda procedere alla designazione del responsabile dei lavori e degli eventuali coordinati, la responsabilità del mancato adempimento agli obblighi previsti dal D.lgs. n. 81 cit. graverà sul committente medesimo.
Il caso concreto
L’impresa Gamma ha affidato a plurime imprese la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione. Nell’occasione sono stati nominati i coordinatori per la sicurezza. Nel corso delle lavorazioni si è verificato un infortunio a un lavoratore a seguito del quale il personale ispettivo ha effettuato, su delega della Procura, indagini volte a stabilire l’accadimento dei fatti e le relative responsabilità. Premesso che non sussiste un “divieto assoluto di ingerenza” da parte del committente per stabilire un’eventuale responsabilità di quest’ultimo nell’accaduto, il personale ispettivo dovrà comprendere qual è stato il contributo causale apportato dallo stesso nella determinazione dell’evento. Non pare che possa muoversi alcun rimprovero di negligenza se l’infortunio è stato causato da un anomalo comportamento del lavoratore, totalmente esorbitante rispetto al procedimento di lavoro cui egli è addetto. In tale caso proprio la condotta colposa del lavoratore esclude in nuce la responsabilità dell’imprenditore, dei dirigenti e dei preposti. Diversamente, se non ricorre tale abnormità, il committente potrebbe incorrere in responsabilità se una volta nominati i coordinatori abbia omesso di verificare lo svolgimento delle incombenze a costoro assegnate.
NOTE
i Cfr. su tutti Findaca-Musco.
ii Cass. pen. Sez. IV, 19/04/2013, n. 31304.
iii Cass. pen. Sez. IV, 28/05/2013, n. 37738; Cass. pen. Sez. IV, 18/04/2013, n. 31296.
iv Cass. pen. Sez. III, 18/09/2013, n. 42347; Cass. pen. Sez. IV, 23/05/2013, n. 36398; Cass. pen. Sez. IV, 18/01/2013, n. 18568; Cass. pen. Sez. IV, 11/07/2012, n. 36284; Cass. pen. Sez. IV, 18/01/2012, n. 3563.
v La giurisprudenza ha recentemente osservato che la locuzione “datore di lavoro” contenuta nell’art. 26 del D.lgs. n. 81 cit. deve essere intesa in senso ampio con riferimento alla posizione assunta in concreto nelle modalità di gestione del rischio. In tale senso cfr. Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-09-2013) 15-10-2013, n. 42347; Cass. pen. Sez. III, 14/11/2012, n. 2285 (rv. 254836).
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