I verificatori sono legittimati a predisporre discrezionalmente le modalità di svolgimento della propria attività

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 28390 del 19 dicembre 2013, ha rigettato il ricorso presentato da una società contro la decisione con cui i giudici della Commissione tributaria regionale avevano ritenuto legittimo un avviso di accertamento emesso nei propri confronti ed avente ad oggetto il recupero delle maggiori imposte dovute a titolo di Ires ed Irap.

La contribuente si era, in particolare, lamentata della omessa valutazione, da parte dei giudici di merito, della circostanza che i verbalizzanti non avevano fornito giustificazione della effettuazione della verifica presso gli uffici finanziari anziché presso la sede della società e tale condotta aveva impedito la instaurazione di un efficace contraddittorio, Inoltre, secondo la società, era da ritenere erronea la statuizione contenuta nel testo della sentenza impugnata concernente la mancanza di una espressa sanzione di nullità, in quanto il difetto di contraddittorio avrebbe dovuto essere considerato come un vizio di legittimità degli atti del procedimento amministrativo che si riverberava sulla invalidità del provvedimento terminativo, ben potendo configurarsi, ossia, una nullità virtuale dell'atto impositivo.

Sul punto la Suprema corte ha evidenziato come, diversamente da quanto ipotizzato dalla ricorrente, le disposizioni asseritamente inosservate – e specificamente i commi 1 e 3 dell'articolo 12 della legge 212/2000 -  non fossero affatto volte a garantire la instaurazione del contraddittorio anticipato e l'esercizio dei diritti di difesa, quanto, piuttosto “a definire una equilibrata composizione delle contrapposte esigenze delle parti attinenti alle concrete modalità di espletamento della verifica, da un lato garantendo la necessaria efficacia all'attività ispettiva dell'Ufficio e dall'altro assicurando la tutela dei diritti riconosciuti dall'ordinamento al contribuente sia come persona sia come soggetto economico”.

Del resto – ha concluso la Corte – solo un accesso nei locali aziendali senza le previste esigenze di indagine e ricerca in loco avrebbe potuto costituire violazione sanzionabile a pena di nullità.
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