Gli ordini impartiti dall'Ispettore del lavoro: che cosa succede quando vengono disattesi? Può essere adottato atto di prescrizione?
Pubblicato il 16 settembre 2011
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L’ispettore del lavoro Tizio chiede a Caio di esibire documenti finalizzati agli accertamenti ispettivi in corso. Nella richiesta vengono indicati il giorno, l’ora e il luogo entro cui l'istanza deve essere riscontrata. La richiesta viene formulata mediante raccomandata A.R. inviata presso la residenza anagrafica di Caio. La raccomandata regolarmente recapitata, torna tuttavia al mittente, per compiuta giacenza. Quali conseguenze sono connesse al mancato riscontro? L'ispettore del lavoro è tenuto ad adottare atto di prescrizione per la violazione dell'art. 4 comma 7 L. n. 628/61? Tale norma prevede infatti che “coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscono o le diano scientemente errate o incomplete commettono reato punito con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino ad € 516,00”. Trattasi di reato di natura contravvenzionale a presidio del sistema di vigilanza preventiva, volto a tutelare il corretto svolgimento dei rapporti di lavoro e l’esatta applicazione delle norme di settore.
La struttura del reato di cui all'art. 4, comma 7, L. n. 628/1961: notizia di reato diretta senza atto di prescrizione?
La norma non prescrive che l’autore debba rivestire una determinata qualifica o abbia un particolare status, o che possieda un requisito necessario per la commissione dell'illecito, ma utilizza semplicemente il pronome “coloro” delineando così un reato comune che, pertanto, può essere commesso, non solo dal datore di lavoro, ma anche dal lavoratore, ovvero da qualsivoglia soggetto al quale l’ispettore del lavoro rivolga la richiesta di informazioni, notizie o documenti. Tale richiesta deve essere formulata “legalmente”, nel senso che deve essere pertinente all’attività ispettiva.
Per quanto riguarda le modalità di inoltro dell’istanza, recente giurisprudenza ha affermato che non risulta necessaria l’osservanza delle forme di cui agli artt. 157 c.p.p. e seguenti, essendo invero sufficiente che la richiesta venga spedita mediante raccomandata, se del caso anche presso la sede legale della società o della ditta; luogo questo ritenuto in grado di porre il rappresentante legale nella condizione di conoscere l’istanza medesima e di ottemperare ad essa. Risulta in sostanza necessario che la richiesta sia stata inoltrata all’indirizzo del destinatario, ovvero che entri, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., nella sfera di conoscibilità di quest’ultimo e che tale circostanza venga comprovata oggettivamente da parte del richiedente, mediante l’esibizione di atti idonei allo scopo: la lettera raccomandata con la relativa ricevuta di spedizione.
Nel caso di specie la circostanza che la richiesta sia stata correttamente recapitata all’indirizzo di Caio e che l’atto sia poi tornato al mittente per compiuta giacenza consente di affermare che sia stata raggiunta la conoscibilità dell’atto, giacché la “compiuta giacenza” equivale ad effettiva ricezione dell’atto, con il conseguente perfezionamento della procedura di notificazione.
Potrebbe al più discutersi se sia o meno opportuno, dinanzi ad una istanza restituita al mittente per compiuta giacenza, reiterare la richiesta fissando nuovo termine per il riscontro. Il Ministero del lavoro con circolare n. 41/10 lascia intendere che laddove le richieste provenienti dall'ispettore del lavoro rimangano insoddisfatte, il funzionario accertatore potrà procedere ad un'ulteriore reiterazione delle stesse, prima di applicare l'art. 4, comma 7, L. 628 cit..
Prescindendo per il momento dalla disamina circa l’efficacia vincolante della circolare ministeriale in ambito penale (argomento questo che verrà esposto in seguito), vale sin d’ora precisare che il reato di cui all’art. 4 della L. n. 628 cit. si consuma all’atto dell’inosservanza alla richiesta formulata dall’ispettore.
Nel caso di specie, quindi, l’ispettore Tizio decide di non inoltrare una nuova richiesta di esibizione documenti, ritenendo già perfezionato il reato di cui all’art. 4 della L. n. 628 cit., riferendo direttamente all'Autorità Giudiziaria, ma esponendo tuttavia l'azione penale ad eventuale eccezione di improcedibilità (vedi punto c) della presente trattazione), attesa la mancata adozione dell'atto di prescrizione.
L'ispettore Tizio ha agito come sopra specificato, in quanto l'istanza, che recava un'elencazione puntuale circa i tempi e modi di consegna è giunta nella sfera conoscibilità di Caio per effetto della compiuta giacenza, ponendolo nell’effettiva possibilità di riscontrare compiutamente la richiesta.
La circostanza che nel caso descritto il reato assuma una configurazione omissiva (la mancata risposta) non esclude che lo stesso possa essere realizzato anche in forma commissiva, giacché il fatto tipico può sostanziarsi anche nel rendere notizie “scientemente errate o incomplete”, come nell’ipotesi in cui le informazioni rese dal’interpellato siano irrilevanti e/o non pertinenti rispetto a quelli richiesti dal personale ispettivo.
Trattandosi di reato di natura contravvenzionale l’art. 42 comma IV c.p. postula, non tanto che la punibilità possa prescindere dal dolo o dalla colpa, quanto piuttosto l’indifferenza circa la presenza dell’una o dell’altra specie di colpevolezza. In altre parole, mentre nel campo dei delitti il dolo rappresenta il criterio tipico di imputazione e la colpa l’eccezione, rispetto alle contravvenzioni sarà sufficiente la sola colpa.
Per quanto riguarda, invece, la tecnica di accertamento dell’elemento soggettivo, dottrina autorevole sostiene che la legge avrebbe dispensato il Giudice (a fortiori l’organo ispettivo) dall’indagine sull’atteggiamento psichico del contravventore, essendo sufficiente far ricorso alle comuni regole di esperienze, in base alle quali la colpevolezza viene affermata ove non vi siano circostanze in grado di evidenziare una situazione eccezionale, in cui il soggetto abbia realizzato il fatto senza dolo o senza colpa. In tale circostanza straordinaria può essere ricompresa la buona fede, sempre che si traduca in uno stato soggettivo generato da un fatto esterno all’agente e tale da escludere anche la colpa.
La procedura di regolarizzazione amministrativa mediante atto di prescrizione.
Rilevante, invece, è stabilire se il reato di cui all’art. 4 della L. n. 628 cit. sia o meno suscettibile di estinzione mediante la procedura di regolarizzazione amministrativa, attivata con atto di prescrizione e contestuale ammissione al pagamento di una somma di denaro.
In altre parole, è importante comprendere se l'atto di prescrizione possa essere adottato e le eventuali conseguenze connesse a tale scelta.
a) Caratteristiche generali dell'atto di prescrizione
Pregiudizialmente all’esame del punctum pruriens della questione, e che riguarda l’asserita condizione di procedibilità del provvedimento di prescrizione, appare opportuna una breve disamina della disciplina prevista dalla L. n. 758/94 e segnatamente dagli artt. 20 e seguenti. Tale provvedimento, espressione di attività di polizia giudiziaria (art. 55 c.p.p.), assume una posizione propedeutica al procedimento penale, la cui adozione determina la sospensione del procedimento stesso. Tale sospensione è finalizzata a conseguire il ripristino, mediante conformazione alla prescrizione, della situazione di legalità violata dal contravventore. Quest'ultimo, infatti, ove adempia alla prescrizione, beneficia di misura premiale consistente nel pagamento di una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Il versamento di tale somma estingue il reato.
La procedura per la regolarizzazione in via amministrativa delle infrazioni penali, punite con la pena alternativa di arresto o ammenda ovvero con la sola ammenda, inizialmente circoscritta ai reati contravvenzionali in materia di sicurezza e igiene sul lavoro è stata successivamente estesa, per espresso richiamo contenuto dall’art. 15 comma I del D.lgs. n. 124/04, anche alle fattispecie in materia del lavoro e di legislazione sociale. La novella ha previsto che la procedura di regolarizzazione di cui al D.Lgs. n. 758 del 1994, artt. 20 - 24, si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore ha autonomamente provveduto all'adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all'emanazione della prescrizione.
b) La violazione dell'art. 4, comma 7, L. 628/1961 può ritenersi materia di lavoro e legislazione sociale?
L’eventuale adozione dell’atto di prescrizione in ordine alla violazione dell’art. 4 comma 7 della L. n. 628 cit., postula una preliminare verifica circa la riconducibilità o meno di tale illecito nella materia di lavoro e di legislazione sociale.
Al riguardo la DRL di Milano, nell’esercizio delle specifiche funzioni di coordinamento, con nota prot. n. 15230 del 18 ottobre 2005, nel valorizzare la funzione di prevenzione dell’attività ispettiva, ha ritenuto che la fattispecie di cui all’art. 4 L. n. 628 cit. faccia parte della suddetta materia concludendo, nel caso di violazione della norma, per l’adozione del provvedimento di prescrizione.
La questione è stata da ultimo affrontata anche dall’organo apicale del Dicastero del Lavoro. Quest’ultimo ha sposato, per argomentazioni sostanzialmente simili, la prospettazione all’epoca esposta dall’Ufficio Lombardo, ma effettua una sostanziale distinzione: laddove il fatto consista nell'omessa presentazione dei documenti richiesti dall'ispettore, l'atto di prescrizione sarebbe applicabile, mentre per la violazione riferita alle "dichiarazioni scientemente errate", gli ispettori dovrebbero direttamente riferire all'Autorità Giudiziaria senza adottare l'atto di prescrizione. Tutto ciò in quanto il Ministero del Lavoro reputa questa seconda violazione di natura dolosa e meritevole pertanto di riferibilità diretta all'A.G. competente.
L’assunto espresso ufficialmente dal Ministero del Lavoro non convince e, a parere degli scriventi, può essere confutato:
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Innanzi tutto desta non poca perplessità l’opportunità che il Ministero del Lavoro intervenga con circolari amministrative in una materia pertinente alle funzioni dell'Autorità Giudiziaria.
In altri termini, è vero che la circolare costituisce atto interno alla Pubblica Amministrazione che assume generalmente valenza vincolante per gli organi destinatari. È vero altresì che tale efficacia, condizionata pur sempre alla legittimità dell’atto, riguarda le funzioni amministrative del personale ispettivo e non attiene invece a quelle penali e di Polizia Giudiziaria, il cui esercizio, infatti, è funzionalmente appannaggio dell’Autorità Giudiziaria, rispetto alla quale la circolare, in quanto atto carente di valenza normativa, non spiega effetto alcuno. Si ritiene pertanto che la valutazione circa le modalità operative a fronte della commissione dell’illecito previsto dall’art. 4 L. n. 628 cit. per omesso riscontro alla richies,ta ovvero per risposta fornita in maniera scientemente errata, siano appannaggio esclusivo degli organi e del personale istituzionalmente preposto alla repressione dei reati.
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Nel merito, in ogni caso, gli indirizzi espressi dal Ministero del Lavoro non colgono nel segno, attesa la discutibile riconducibilità della fattispecie di cui all’art. 4 L. n. 628 cit. nella materia di lavoro e di legislazione sociale.
Infatti si tratta di norma a carattere statutario, volta a disciplinare le funzioni dell’ispettore in ambito penale, senza involgere la materia dei rapporti di lavoro ontologicamente intesa. Tale esclusione comporta, in capo al personale ispettivo, la carenza del potere di prescrizione, con obbligo di riferibilità diretta e tempestiva all'Autorità Giudiziaria competente.
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In ogni caso, anche laddove si ritenesse che la fattispecie di cui all'art. 4 possa ricomprendersi nella materia lavoristica, l’orientamento ministeriale si basa pur sempre su un criterio distintivo (dolo o colpa del reato) equivoco e arbitrario.
E invero, ferme le considerazioni sopra espresse in ordine all’accertamento della colpevolezza per i reati contravvenzionali, non si comprende su quali basi il Ministero sia portato a ritenere che la colpa sia connaturata all’omessa presentazione dei documenti. Nulla, infatti, esclude che l’omesso riscontro all’istanza di esibizione della documentazione sia contrassegnato da un contegno doloso.
Peraltro a ben vedere, ove si ritenesse prescrivibile l’omessa produzione dei documenti, per il principio di simmetria, medesimo trattamento meriterebbe l’ipotesi di false dichiarazioni, pena un’arbitraria scissione della fattispecie tipizzata dal Legislatore in modo unitario, nella medesima norma di legge. Né tale trattamento disuguale potrebbe essere giustificato dalla ritenuta natura dolosa delle “dichiarazioni scientemente errate” posto che nessuna regola prevede che per i reati dolosi non si applichi la prescrizione.
In realtà le funzioni di garanzia e di correttezza dell'accertamento ispettivo che sottendono alla fattispecie di cui all’art. 4 della L. n. 628 cit., consentono di asserire che tale illecito, indipendentemente da dolo o colpa e dalle modalità omissive o commissive di realizzazione del fatto, non si presta a essere sottoposto alla procedura di regolarizzazione amministrativa, ma implica un'informativa diretta all'Autorità Giudiziaria.
c) La prescrizione non costituisce condizione di procedibilità dell'azione penale
Così argomentando resterebbe da confutare l’eventuale eccezione di improcedibilità dell’azione penale cui sarebbe sottoposta l’informativa dell’ispettore Tizio. Ma la questione è stata recentemente superata dai Giudici di Legittimità i quali hanno asserito sinteticamente il carattere facoltativo e non obbligatorio dell’atto di prescrizione, al quale non corrisponde alcun diritto del contravventore a ricevere tale provvedimento, con assegnazione del termine per adempiere, giacché egli è comunque tenuto in nuce a rispettare le norme di prevenzione in materia di lavoro, di sicurezza e di igiene.
La Suprema Corte statuisce altresì che ove il contravventore abbia adottato misure equiparabili a quelle che l'organo di vigilanza avrebbe potuto impartirgli con la prescrizione, può comunque chiedere al giudice di essere ammesso all'oblazione in misura ridotta, senza che la concessione del beneficio possa ritenersi preclusa dal fatto che nessuna prescrizione di regolarizzazione sia stata all’uopo impartita dall'organo di vigilanza (cfr. Cass. pen. Sez. III, n. 26).
NOTE
i Sotto quest’ultimo profilo i Giudici di legittimità hanno stabilito che “la richiesta dell'Ispettorato del lavoro di fornire notizie a norma dell'art. 4 della L. 22 luglio 1961, n. 628 è "legalmente" data anche se effettuata a mezzo lettera raccomandata, in quanto si tratta di un mezzo legale di interpello che offre garanzia di accertamento sulla data di spedizione e di ricevimento” (cfr. Cass. pen. Sez. III Sent., 20/02/2008, n. 12923; cfr. Cass. pen. Sez. III, 14/12/2010, n. 2337 e conformemente anche Cass. Pen. sez. III n. 43839/07).
ii cfr. Cass. pen. Sez. III n. 35190/09.
iii Codice Civile, art. 1335 "Presunzione di conoscenza": «La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia».
L'atto unilaterale recettizio, i cui effetti si producono, ai sensi dell'art.1334 cod. civ., nel momento in cui il destinatario ne ha conoscenza, si reputa conosciuto quando, avuto riguardo alle previste modalità della sua comunicazione, consegna o spedizione, da accertarsi caso per caso dal giudice di merito, possa ritenersi che il destinatario medesimo ne abbia avuto conoscenza o ne abbia potuto avere cognizione usando la normale diligenza, ricadendo su di lui, in presenza di tali condizione, l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza colpa, nell'impossibilità di averne notizia (cfr. Cass. civ. Sez. II, 25/09/2006, n. 20784).
iv L'orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la lettera raccomandata - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso. Spetta pertanto al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto (cfr. Cass. civ. Sez. III, n. 16327/07; ex multis Cass. civ. Sez. II, n. 8649/06).
v cfr. Cass. Civ. SS.UU. , 05/03/1996, n. 1729. Inoltre con sentenza n. 3/10 la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 140 c.p.c. in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario della notifica, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. Pertanto, in base alla decisione presa dai giudici, per il destinatario della notifica si differisce il perfezionamento al momento del ricevimento o al decimo giorno successivo al recapito, se non viene curato il ritiro (compiuta giacenza).
vi cfr. Cass. pen. Sez. III, 12/10/2005, n. 40560. Gli stessi giudici della Suprema Corte hanno osservato che “l'omessa risposta alle richieste d'informazioni con le modalità di tempo e di luogo stabilite dall'Ispettorato del lavoro integra gli estremi del reato di cui all'art. 4 l. 22 luglio 1961, n. 628, in quanto nel potere d'informazione strumentale all'accertamento dell'osservanza delle norme in materia di igiene e di sicurezza sui luoghi di lavoro, è compreso anche quello di stabilire il contenuto, il tempo ed il luogo dell'adempimento dell'obbligo avente per oggetto le informazioni richieste. Ne consegue che allorché sia previsto un termine per l'adempimento, il reato si perfeziona alla scadenza di detto termine e si protrae per tutto il tempo in cui il destinatario omette volontariamente di adempiere” (cfr. Cass. pen. Sez. III, 11/10/2000, n. 13406).
vii E invero, la Suprema Corte, contrariamente all’indirizzo espresso con sentenza n. 9478 del 01/02/2005, ha osservato che “il rispetto della procedura per la regolarizzazione in via amministrativa delle infrazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, punite con la pena alternativa di arresto o ammenda ovvero con la sola ammenda, è condizione di procedibilità dell'azione penale applicabile, in esito alla novella ex art. 15, D.Lgs. n. 124/2004, anche nel caso di reati istantanei e di spontanea regolarizzazione prima dell'intervento dell'organo di vigilanza. In caso di omessa comunicazione del termine per il pagamento della sanzione amministrativa è inibito al giudice del dibattimento concedere tale termine, in difetto di un qualsiasi aggancio normativo che lo consenta per di più a fronte di un'azione penale che non avrebbe potuto essere esercitata” (cfr. Cass. pen. Sez. III, n. 34900/07).
viii cfr. Cass. Pen. Sez. III, 30/05/2001, n. 26974.
ix cfr. Cons. Stato Sez. VI, n. 4390/11.
x cfr. Pagliaro, Principi di diritto penale. Parte Generale, Milano 3 ED., 1987, pag. 334.
xi In tale ambito non è sufficiente l'errore dipeso da ignoranza non scusabile, nella quale rientra l'erronea interpretazione o l'ignoranza della legge penale (cfr. Cass. pen. Sez. III, n. 46671/04; sull’efficacia scusante della circolare ministeriale cfr. Cass. pen. Sez. I, n. 8860/93).
xii cfr. anche Cass., sez. III, n. 24791/09.
xiii cfr. Cons. Stato n. 8637/10.
xiv Anche ammettendo che l’elemento psicologico doloso abbia carattere ostativo all’applicazione della prescrizione, non si comprende allora la ragione per la quale nella Circolare n. 33 del 2009 del Ministero del Lavoro, venga stabilito che il personale ispettivo debba adottare l'atto di prescrizione in presenza della violazione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, di cui all'art. 14 D.Lgs. 81/2008; fattispecie, quest'ultima, di schietta natura dolosa.
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