Giudici UE, chiarimenti su buono monouso

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Giudici UE, chiarimenti su buono monouso

La Corte di giustizia dell’Unione Europea (UE) nella sentenza 18 aprile 2024, C-68/23 si è occupata di una controversia riguardante l'assoggettabilità all'Iva di carte prepagate o codici di buoni che consentono ai consumatori finali di caricare “conti utente” utilizzabili per l'acquisto di contenuti digitali su un negozio online, commercializzate nell'Ue con diversi “codici paese” e tramite diversi intermediari.

Normativa comunitaria dei buoni monouso/multiuso

Normativamente la causa verte sull’interpretazione degli articoli 30-bis e 30-ter della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva UE 2017/2455 del 5 dicembre 2017.

Ai sensi dell’articolo 30-bis di tale direttiva un buono è uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione.

Si definsice:

  • buono monouso”, un buono in relazione al quale il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il buono si riferisce e l’IVA dovuta su tali beni o servizi sono noti al momento dell’emissione del buono;
  • buono multiuso”, un buono diverso da un buono monouso.

Per l’articolo 30-ter ogni trasferimento di un buono monouso effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome proprio è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce.

Invece per quanto riguarda il buono multiuso, viene stabilito che la fornitura dei beni o dei servizi effettuate dietro presentazione di tale buono accettato come corrispettivo dal cedente o dal prestatore sono soggette all'IVA, mentre ogni trasferimento precedente non è soggetto ad IVA.

Questione pregiudiziale

Nel 2019 una società tedesca ha commercializzato, tramite il proprio negozio online, carte prepagate o codici di buoni che consentivano di caricare “conti utente” destinati all'acquisto di contenuti digitali in un negozio online X gestito da una società inglese.

La società tedesca ha considerato i buoni come multiuso poichè, al momento della vendita di tali carte, l’indirizzo permanente o il luogo di residenza abituale del cliente finale non erano noti con certezza. Infatti, l’identificativo paese" attribuito a ciascun buono non è sufficiente a determinare con sicurezza il luogo della prestazione di servizi.

Ma per l’amministrazione finanziaria tedesca le “cards” sono buoni monouso, in quanto utilizzate soltanto da clienti con indirizzo permanente in Germania e con un conto utente X tedesco.

Pertanto il giudice del rinvio chiede se si possa ritenere che, al momento di emissione delle “cards, il luogo della prestazione di servizi forniti per via elettronica ai clienti finali alla quale il buono si riferisce sia noto; ciò farebbe qualificare lo strumento come buono monouso, ai fini dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA.

Buono monouso se l'Iva è nota

La Corte di giustizia UE, nella pronuncia del 18 aprile 2024 sulla causa C-68/23, ha osservato come dalla definizione del buono monouso emerge che si caratterizzano per il fatto che il trattamento fiscale può essere determinato al momento della loro emissione.

Dunque, un buono può essere qualificato come monouso quando sussistono due condizioni cumulative nel momento di emissione del buono;

il luogo della cessione dei beni o della prestazione di servizi cui il buono si riferisce,

l’IVA dovuta su tali beni o servizi in tale momento.

Diversamente, se non è possibile determinare il trattamento fiscale di un buono sin dal momento della sua emissione del buono, non può essere qualificato come buono monouso.

La direttiva IVA, in proposito, prosegue affermando che ogni trasferimento di un buono monouso effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome proprio è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce.

Da tale assunto, risulta chiaramente che essa si applica solo agli strumenti che rispondono alla definizione di buoni monouso, di cui alla direttiva IVA.

Con riferimento ai buoni oggetto della sentenza in esame, le condizioni richieste per qualificare un buono come monouso risultano soddisfatte: infatti, al momento dell’emissione dei buoni, è noto il luogo in cui i contenuti digitali sono forniti al consumatore finale come corrispettivo delle “cards” vendute dalla società tedesca (la Germania).

Quanto alla certezza dell’IVA, spetterà al giudice del rinvio decidere se, in quanto noto il luogo della cessione (Germania), i buoni debbano intendersi assoggettati alla stessa aliquota e allo stesso trattamento ai fini dell’IVA.

Concludendo, un buono può qualificarsi come monouso se è noto, al momento della sua emissione, il luogo della prestazione di servizi destinata a consumatori finali. Ciò, prosegue la Corte di giustizia, indipendentemente dalla circostanza che il buono sia oggetto di trasferimenti tra soggetti passivi, che agiscono in nome proprio e sono stabiliti nel territorio di Stati membri diversi da quello in cui si trovano i consumatori finali.

I giudici unionali, poi, si sono espressi sul tema della rivendita di buoni multiuso: si può propendere per l’assoggettamento ad IVA, purchè la rivendita sia qualificata come prestazione di servizi a favore del soggetto passivo che effettua, come corrispettivo di detti buoni, la consegna fisica dei beni o fornisce concretamente i servizi al consumatore finale.

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