False trasferte e abuso di carta di credito aziendale: licenziamento

Pubblicato il



False trasferte e abuso di carta di credito aziendale: licenziamento

E' stato confermato, dalla Cassazione, il licenziamento disciplinare che una Spa aveva irrogato a un proprio dipendente per falsa attestazione di trasferte e abuso nell'utilizzazione della carta di credito aziendale.

Nella vicenda in esame, il lavoratore si era rivolto alla Suprema corte per impugnare la decisione con cui la Corte d'appello aveva condiviso la valutazione già operata in primo grado, in riferimento alla ricorrenza della giusta causa del licenziamento, adeguatamente motivato in merito alla comprovata commissione degli addebiti contestati.

Il datore ritarda nel rimborso di spese anticipate? Ingiustificati i prelievi con la carta aziendale

Tra i motivi di doglianza, il ricorrente aveva lamentato l'omesso esame di un fatto controverso e a suo dire decisivo per il giudizio, vale a dire la mancata rilevazione della condotta datoriale in termini di inadempimento scriminante.

Secondo la sua difesa, in particolare, non era stata valutata la circostanza dell'impegno della società al rimborso delle spese anticipate in termini prestabiliti e la sopravvenuta complessità della predetta procedura di rimborso, dipesa da una scelta aziendale unilaterale.

La decisione di secondo grado era stata impugnata anche per violazione di legge, laddove era stato ritenuto che i prelievi effettuati dal prestatore fossero non giustificati e non scriminati dall'eccezione di inadempimento della società, in ritardo nell'effettuare i dovuti rimborsi.

Per il ricorrente, ossia, era stata desunta un'appropriazione indebita in realtà inesistente, essendosi trattato, piuttosto, di una modalità di gestione di reciproche partite debitorie e creditorie, in assenza di saldi passivi.

Con sentenza n. 7268 del 4 marzo 2022, la Sezione lavoro della Cassazione ha giudicato il primo motivo inammissibile.

Il denunciato vizio di motivazione non era, infatti, configurabile: ricorreva, nel caso esaminato, un'ipotesi di "doppia- conforme", applicabile ratione temporis, non avendo il ricorrente in cassazione, come avrebbe dovuto per evitare l'inammissibilità del motivo dedotto, indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse erano tra loro diverse.

L'omissione denunciata, in ogni caso, non verteva su un fatto storico ma si sostanziava, piuttosto, nella critica di una valutazione di circostanze che la Corte territoriale aveva compiuto con adeguati, ancorché concisi, passaggi argomentativi.

Il rilievo concernente violazione di legge, a seguire, è stato giudicato infondato.

Il Collegio di legittimità, sul punto, ha evidenziato che la Corte di gravame aveva espressamente escluso la buona fede del lavoratore, in quanto consapevole della violazione posta in essere, operando un apprezzamento di fatto del suo comportamento "insindacabile in sede di legittimità, in quanto congruamente argomentato".

Eccezione di inadempimento, quando è opponibile

Una corretta applicazione dell'eccezione di inadempimento - ha comunque precisato la Cassazione - postula la sua legittima opponibilità nel caso in cui il rifiuto di adempimento, oltre a trovare concreta giustificazione nei legami di corrispettività e interdipendenza tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate, non sia contrario a buona fede, ossia non determinato da motivi che non corrispondono alle finalità per le quali esso e concesso dalla legge.

L'eccezione medesima, ossia, non può essere fatta valere qualora sia invocata - come nella specie - non già per stimolare la controparte all'adempimento, ma per mascherare la propria inadempienza.

Allegati

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito