Enti religiosi, fusioni riorganizzative fiscalmente neutrali. Condizioni

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Enti religiosi, fusioni riorganizzative fiscalmente neutrali. Condizioni

Con la risposta ad interpello n. 555 dell’8 novembre 2022, l’Agenzia delle Entrate si esprime sul trattamento riservato dalla legislazione fiscale italiana all'ipotesi della "fusione per incorporazione" di due enti ecclesiastici, ai fini delle imposte sul reddito, dell'IVA e dell'imposta di registro.

Il caso è quello di un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, che per esigenze organizzative procede ad incorporare due enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e appartenenti alla stessa Congregazione religiosa, mantenendo in capo all'ente incorporante la destinazione originaria dei beni all'attività istituzionale.

Enti ecclesiastici, doppio regime fiscale per le fusioni riorganizzative

Per fare chiarezza, l’Amministrazione finanziaria richiama la risoluzione n. 152/2008, con la quale, in via generale, viene espresso il principio di neutralità delle fusioni e scissioni, secondo cui il passaggio dei beni non dà luogo a fenomeni realizzativi se le società o gli enti interessati dall'operazione producono reddito d'impresa.

Inoltre, lo stesso documento di prassi chiarisce anche che per le operazioni di fusione che coinvolgono gli enti ecclesiastici occorre distinguere se i beni che "passano" da un ente all'altro siano relativi ad un'attività d'impresa.

Se così è, infatti, gli enti beneficiano della neutralità fiscale in quanto l’operazione è da considerare non “realizzativa”, come indicato dall’articolo 172 del Tuir, che prevede il cosiddetto principio di neutralità, in base al quale la fusione societaria non costituisce realizzo o distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse.

Al contrario, se i beni non confluiscono in un'attività d'impresa dell'ente incorporante, gli stessi si devono considerare realizzati a valore normale, generando plusvalenze imponibili, in quanto destinati a finalità estranee alla stessa impresa.

Con riferimento al caso di specie, pertanto, la risposta n. 555/2022 osserva che occorre distinguere se i beni che “passano” da un ente all’altro siano o meno relativi ad un’attività d’impresa.

Si specifica, dunque, che:

  1. relativamente ai beni in regime di impresa che confluiranno nel novero dei beni dell'ente incorporante in regime d'impresa, la fusione potrà avvenire in neutralità fiscale, ai sensi degli articoli 172 e 174 del TUIR;
  2. con riguardo, invece, ai beni non rientrati nel regime di impresa che permarranno nel contesto dell'attività istituzionale, occorre esaminare se con l'operazione di fusione in esame si realizzano le ipotesi di tassazione delle plusvalenze a titolo di redditi diversi, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR.

Con riferimento alle imposte indirette, l’Agenzia rileva che i passaggi di beni nella descritta operazione dell’ente ecclesiastico non sono soggetti ad Iva e, di conseguenza, in base al principio di alternatività Iva/registro, l’operazione dovrà scontare l'imposta di registro: l’ente ecclesiastico potrà tuttavia applicare la misura di favore pari a 200 euro.

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