Donna sfregiata Condanna definitiva per l’ex

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Donna sfregiata Condanna definitiva per l’ex

Depositate il 23 novembre 2016, le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione, prima sezione penale, ha confermato in via definitiva la condanna a 20 anni di reclusione – già emessa in primo e secondo grado - per tentato omicidio e stalking, a carico di Luca Varani; l’uomo che nel 2013 aveva sfregiato con l’acido il volto alla sua ex fidanzata Lucia Annibali. Condannati a 12 anni, i due esecutori dell’attacco alla donna.

Condanna senza attenuanti Vita messa in pericolo

Tentato omicidio per Varani, poiché le lesioni inferte a Lucia Annibali – spiega la Cassazione - sono state talmente gravi da mettere in pericolo la sua vita. La stessa scelta, inoltre, di sfregiarle il volto con l’acido, il suo regime di vita (assunzione stupefacenti), la condotta processuale e l’assenza di pentimento, hanno portato i giudici a condannare Varani senza tener conto delle attenuanti.

Varani quale mandante

Già le pronunce di merito, ad esito delle investigazioni, avevano indotto a ritenere provato il ruolo dell’ex fidanzato quale mandante del reato, in primis prendendo le mosse dalle dichiarazioni della stessa vittima, il cui sospetto era caduto subito su di lui.

Ma molti altri elementi – precisa la Corte Suprema – gravitano in tal senso. Ad esempio, le tracce di acido rinvenute nell'auto che il Varani stava per rottamare e la stessa confessione che l’imputato aveva fatto al suo compagno di cella, allo scopo di prendere contatto con due albanesi per concordare una versione.

Il gravissimo fatto è stato originato – come rilevato nel merito – dalla fine della relazione sentimentale tra il Varani e l’Annibali pochi mesi prima dell’attacco, che il primo non aveva evidentemente accettato.

Atti persecutori

Ampiamente provato, altresì – seguita la Corte -  il reato di atti persecutori, in considerazione, anche qui, di molteplici elementi, quali la presenza del Varani nell'edificio di abitazione dell’Annibali, le frequenti incursioni nella struttura sportiva frequentata dalla donna, lo stato d’animo nella stessa ingenerato a causa di detti comportamenti. L’imputato era persino arrivato ad iscriversi nella stessa piscina frequentata dalla vittima, sotto falso nome, al fine di poterla meglio controllare, nonché ad impossessarsi delle sue chiavi.

Risulta pertanto immune da ogni censura il percorso seguito dai giudici di secondo grado. E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 49821 del 23 novembre 2016, secondo cui i 20 anni inflitti al Varani tengono logicamente conto della sua personalità, del mezzo utilizzato per fare del male alla vittima, della parte del corpo colpita, dei gravissimi danni fisici morali e psicologici indotti dal gesto.

 

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