Donazioni elusive, anche con plusvalenza zero
Pubblicato il 16 ottobre 2015
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Con sentenza n. 20250 depositata il 9 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate, che aveva contestato all'attuale resistente – ai fini Irpef – l'omessa dichiarazione di una plusvalenza scaturente dalla vendita di un terreno edificabile.
Il fatto
Veniva in particolare rilevato che la contribuente in questione aveva dapprima donato una quota percentuale di un terreno alla propria figlia. Quest'ultima, a sua volta, aveva donato alla stessa madre una percentuale di quanto ricevuto.
Madre e figlia avevano poi venduto ad una s.p.a. le rispettive quote di proprietà; il tutto nella medesima data e dinnanzi allo stesso notaio, sebbene con atti distinti.
Per cui l'Agenzia – anche in considerazione della sequenza ravvicinata degli atti – aveva ravvisato una situazione di apparenza nel possesso dei redditi, con conseguente accertamento dell'omessa plusvalenza e recupero delle maggiori imposte dovute.
Le difese della contribuente
Avverso la pretesa fiscale, la contribuente si opponeva dichiarando l'insussistenza di detta plusvalenza, atteso che la differenza tra il corrispettivo percepito dalla s.p.a. nel periodo di imposta (a seguito della vendita del terreno) ed il valore dichiarato nella donazione, era pari a zero. Posizione, quest'ultima, accolta sia in primo che secondo grado.
La posizione della Cassazione
Di diverso avviso la Suprema Corte, secondo cui – accogliendo le censure dell'Ufficio - la Ctr si sarebbe erroneamente limitata a constatare che la plusvalenza era pari a zero, sicché ogni eventuale risparmio di imposta attuato con l'intera operazione sarebbe stato del tutto lecito.
Così ragionando tuttavia – a detta della Cassazione – i giudici tributari non hanno tenuto in considerazione che, in tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell'interposizione (art. 37 terzo comma D.p.r. 600/1973) non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime fiscale quale presupposto dì imposta.
Ne deriva, nel caso di specie, la indubbia strumentalità delle donazioni in questione – poste in essere in un contesto familiare, reciprocamente tra madre e figlia ed in assenza di altre comprensibili ragioni – al solo fine di precostituire, a scopo elusivo, dei valori da mettere a confronto con il prezzo di vendita, per non far risultare alcuna plusvalenza tassabile.
- Il Sole 24Ore – Norme e Tributi, p. 52 - Abuso del diritto la donazione che prefissa il valore fiscale – Busani
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