Divieto di svolgere attività d'impresa: misura cautelare ampia

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Divieto di svolgere attività d'impresa: misura cautelare ampia

Con sentenza n. 9383 del 18 marzo 2022, la Seconda sezione penale della Suprema corte ha rigettato il ricorso promosso da un imprenditore a cui, nell'ambito di un'indagine per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio, era stata applicata la misura cautelare personale del divieto di esercitare attività imprenditoriale per la durata di un anno.

La predetta misura era stata confermata dal Tribunale del riesame con decisione successivamente impugnata dall'indagato davanti alla Corte di legittimità.

In questa sede, il ricorrente aveva lamentato violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto, secondo la sua difesa, il divieto era stato disposto in termini indeterminati, vale a dire senza indicare la specifica attività cui esso si riferiva.

Doglianza, questa, giudicata infondata dal Collegio di legittimità, il quale ha richiamato, sul punto, quando disposto dall'art. 290 c.p.p. in ordine alla misura cautelare in contestazione.

La predetta disposizione - si legge nella decisione - ha lo scopo di impedire al soggetto di avere occasione di reiterare i reati per i quali la misura è applicata.

Essa attribuisce al giudice il potere di individuare ed eventualmente specificare quale sia l'attività alla quale in concreto il divieto si riferisce.

Sotto tale profilo, pertanto, la necessità di individuare e indicare la determinata e specifica attività deve essere valutata in base alle esigenze concrete e il giudizio di merito, sul punto, non può essere sindacato in sede di legittimità.

D'altro canto, non assume alcun rilievo l’esistenza o meno di una relazione tra l’attività oggetto dei fatti contestati e quella, specifica o meno, per la quale viene disposto il divieto.

Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano dato conto, in modo dettagliato, della necessità di disporre la misura del divieto dell'attività di impresa e delle regioni per le quali esso dovesse riferirsi a qualsiasi attività imprenditoriale.

Ciò, in concreto, con specifico riferimento all'attività di imprenditore agricolo dallo stesso esercitata, per la quale il ricorrente aveva incassato contributi per oltre 400mila euro.

Proprio tale ultima circostanza è stata ritenuta significativa dello svolgimento di un'attività imprenditoriale idonea, per sé stessa, ad agevolare ovvero a creare l'occasione di reiterazione del reato di cui all'art. 640-bis c.p. per il quale la misura era stata applicata.

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