Detrazione Iva negata solo con prova dell’indebito vantaggio fiscale

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Detrazione Iva negata solo con prova dell’indebito vantaggio fiscale

In caso di operazioni di cessioni a catena, è ammesso negare la detrazione Iva solo qualora il Fisco riesca a dimostrare l’indebito vantaggio ottenuto.

E’ la conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia Ue inerente alla causa C-273/18, pronunciata il 10 luglio 2019, nell’ambito di una controversia riguardante la negazione della detrazione Iva per l’acquisto di beni avvenuto tra due società, dove l'acquirente ha ricevuto la fattura da un soggetto diverso da quello presso il quale ha prelevato i beni.

Il caso è stato innescato da un accertamento emesso in quanto l’amministrazione finanziaria non ha trovato una spiegazione logica ad una serie di acquisti avvenuti al termine di una catena di passaggi avvenuti tra diverse società. Secondo il Fisco, le società intermediarie non avevano in realtà esercitato alcuna attività e, quindi, aveva negato la detrazione Iva.

Ma il giudice adito ha dubitato del fatto che sia possibile contestare l’esistenza di pratiche abusive senza dare dimostrazione dell’indebito vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato il soggetto passivo stesso o le altre persone coinvolte nella catena di operazioni.

Detrazione Iva negata. La questione pregiudiziale

Si chiede, pertanto, alla Corte di giustizia Ue se sia sufficiente, per negare la detrazione Iva, la circostanza che un acquisto sia avvenuto al termine di una catena di operazioni di vendita tra varie persone e che il soggetto passivo sia entrato in possesso dei beni nel deposito di un appartenente alla catena, diverso da chi compare quale fornitore nella fattura o se sia anche necessario dimostrare quale sia l’indebito vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato i soggetti passivi.

Detrazione Iva negata solo se si dimostra l’indebito vantaggio ottenuto

Viene, in primo luogo, ricordato che il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’Iva versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema dell’Iva comunitaria.

Più volte la Corte Ue ha stabilito che l’accertamento di una pratica abusiva in ambito Iva richiede la sussistenza di due condizioni:

  • che le operazioni svolte, nonostante l’applicazione formale delle disposizioni Iva, abbiano come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni;
  • che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni in parola sia solo quello dell’ottenimento di tale vantaggio fiscale.

Inoltre, il fatto che si riceva un bene direttamente da colui che emette la fattura non è necessariamente indice di un occultamento fraudolento del reale fornitore e non costituisce nemmeno una pratica abusiva, potendo esservi altre motivazioni (come, ad esempio, l’esistenza di due vendite successive riguardanti i medesimi beni, i quali, su ordine, sono trasportati direttamente dal primo venditore al secondo acquirente).

Nel caso studiato, l’amministrazione tributaria non ha provato l’indebito vantaggio fiscale avuto dalla società principale e nemmeno ha individuato gli eventuali indebiti vantaggi fiscali ottenuti dalle altre società coinvolte nella catena di operazioni.

In conclusione, non essendoci stata la dimostrazione dell’esistenza di una pratica abusiva, non può essere negato al soggetto passivo il diritto alla detrazione.

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