Pensioni d’oro, su decurtazione questioni respinte dalla Consulta

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Pensioni d’oro, su decurtazione questioni respinte dalla Consulta

La Consulta, con ordinanza n. 87 del 4 maggio 2023, si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, in ordine all’art. 1, commi da 261 a 266, della Legge di Bilancio del 2019, per asserito contrasto con gli artt. 2, 3, 36, 38, 53 e 97 della Costituzione.

Tali previsioni erano state censurate nella parte in cui stabiliscono la riduzione dei trattamenti pensionistici ivi indicati "per la durata di cinque anni", anziché "per la durata di tre anni".

Le questioni erano state sollevate nell'ambito di un giudizio tra l'INPS e il titolare di una pensione di elevato importo (cosiddette pensioni d'oro), che rivendicava l’integralità del trattamento di quiescenza, al netto della riduzione quinquennale stabilita dalle disposizioni censurate per gli assegni superiori a 100mila euro lordi su base annua.

Pensioni d'oro, sulla decurtazione questioni inammissibili e infondate

La Corte costituzionale ha giudicato i rilievi in parte infondati e in parte inammissibili, rammentando di essersi pronunciata su questioni analoghe con la sentenza n. 234/2020, sopravvenuta, che ha ricondotto la decurtazione in parola al triennio.

In tale sede, inoltre, le questioni allora sollevate in riferimento alla natura tributaria del prelievo erano state dichiarate non fondate, riconoscendo, nel contributo, una misura di solidarietà endoprevidenziale.

Non solo. Con altra pronuncia (ordinanza n. 172/2022) la stessa Consulta aveva definito analoghe questioni sollevate in riferimento al medesimo contributo di solidarietà, anch'esse sollevate prima della pubblicazione della sentenza n. 234, ma giunte a decisione dopo di essa.

Le medesime questioni, oltre ad essere dichiarate inammissibili, erano state ritenute manifestamente infondate per quanto concerne la riduzione degli assegni nei limiti della durata triennale, posto che l'allora rimettente non aveva portato argomenti nuovi rispetto a quelli già giudicati non fondati.

Ebbene, secondo i giudici costituzionali, la stessa soluzione, e per gli stessi motivi, si imponeva in riferimento alle questioni ora esaminate.

Esse - si legge nella decisione - "laddove denunciano l’abnormità della durata quinquennale del prelievo... non hanno più oggetto, venuto meno per effetto della limitazione al triennio, mentre, quando denunciano il contributo in sé, entro il triennio, esse non sono sostenute da argomenti ulteriori rispetto a quelli già disattesi dalla sentenza n. 234 del 2020".

Omesso versamento di ritenute, questione inammissibile

Si segnala, per finire, un'ulteriore decisione della Corte costituzionale, depositata nella medesima data del 4 maggio 2023, la n. 86/2023.

Anche in tale caso, l'esito dell'esame della Corte è stata una pronuncia di manifesta inammissibilità della questione, specificamente sollevata dal Tribunale di Vicenza in ordine all’art. 7 del D. Lgs. n. 158/2015, nella parte in cui modifica l’articolo sul reato di omesso versamento di ritenute.

In proposito, la Consulta ha ricordato di aver già adottato, con sentenza n. 175/2022, pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente.

Ciò posto, la questione di legittimità costituzionale era divenuta priva di oggetto e, pertanto, manifestamente inammissibile.

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