Decreto ingiuntivo, opposizione e prove documentali secondo la Cassazione

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Decreto ingiuntivo, opposizione e prove documentali secondo la Cassazione

La Terza Sezione civile di Cassazione, con sentenza n. 23455 del 28 settembre 2018, ha illustrato e riassunto i principi applicabili in tema di procedimento monitorio e relativa opposizione, a cui fare riferimento nella soluzione del caso sottoposto, nel concreto, al suo esame.

In questo, un'associazione onlus aveva impugnato la sentenza della Corte d'Appello con la quale, in riforma della decisione di primo grado, era stata accolta l'opposizione proposta dalla intimata avverso il decreto ingiuntivo emesso in proprio favore.

Omesso deposito fascicolo di parte? Mera irregolarità

Secondo la ricorrente onlus, la Corte territoriale aveva riformato la pronuncia di primo grado ritenendo, erroneamente, che non fosse stato assolto l'onere della prova a suo carico, in ragione dell'omesso deposito del fascicolo di parte dopo il ritiro di esso, successivo alla precisazione delle conclusioni.

Questo nonostante il fatto che i documenti sui quali si fondava la pretesa pienamente riconosciuta dal primo giudice, erano contenuti "in fotocopia" nel fascicolo d'ufficio predisposto per il Presidente del Collegio, per il relatore e per il giudice a latere.

Motivo ritenuto fondato dagli Ermellini che hanno, pertanto, accolto l’impugnazione dell’associazione.

Documenti depositati con ricorso: acquisiti per le successive fasi

Di seguito, i principi ribaditi dalla Suprema corte:

  • la documentazione prodotta unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo su cui si fonda la pretesa vantata deve ritenersi acquisita al giudizio anche per le successive fasi di cognizione;
  • la prova documentale e testimoniale esaminata dal giudice di primo grado che, quanto alla sua storicità, ne dà conto in motivazione, pur soggetta a nuova valutazione da parte del giudice d'appello deve ritenersi acquisita agli atti, anche in base alla sentenza di primo grado pronunciata, visto il valore di atto pubblico del provvedimento decisorio del giudice;
  • la perentorietà del termine entro il quale deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all'atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello;
  • nell'ipotesi in cui la costituzione in giudizio dell'appellato avvenga in udienza e ne venga dato atto nel relativo verbale nel quale poi si attesti il ritiro del fascicolo di parte, l'avvenuto deposito di esso (del quale risultano a disposizione del Collegio le veline) e la sua esistenza devono ritenersi dimostrate attraverso la susseguenza logica di tali eventi, comprovati dagli atti fidefacenti che ne danno conto;
  • nel caso in cui, nel giudizio d'appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo.
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