Cassazione: Danno alla salute in dieci punti
Pubblicato il 28 marzo 2018
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Con sentenza n. 7513 del 27 marzo 2018, la Terza sezione civile della Cassazione ha fornito dieci principi utili per orientarsi in tema di risarcimento del danno alla salute.
I giudici di legittimità si sono pronunciati nell’ambito di una causa instaurata da un uomo che era rimasto ferito in un sinistro stradale avvenuto mentre era trasportato sul veicolo della società, sua datrice di lavoro.
Poiché il sinistro era avvenuto durante uno spostamento compiuto in occasione del lavoro, l'Inail gli aveva erogato una rendita, mentre la compagnia di assicurazione dei veicolo, deducendo un concorso di colpa della vittima, gli aveva corrisposto somme inferiori al risarcimento che gli sarebbe spettato con riguardo all'entità dei danni patiti.
Giudizio per il risarcimento dei danni patiti
Per questo motivo, l’uomo aveva convenuto in giudizio sia l’assicurazione che il proprio datore chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni non ancora risarciti.
Mentre, in primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda, in sede di gravame, la Corte d’appello aveva, da un lato, rigettato la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante, in tesi scaturito dalla riduzione del reddito lavorativo, ritenendola non provata; dall’altra, aveva ritenuto che il Tribunale, aumentando del 25% la misura standard del risarcimento del danno biologico, al fine di tenere conto della circostanza che la vittima avesse dovuto rinunciare, a causa dei postumi residuati all'infortunio, alla cura dell'orto e del vigneto cui era solito in precedenza attendere, avesse duplicato il risarcimento. Per questo, i giudici di secondo grado avevano ridotto il risarcimento del danno biologico del 25% e ricalcolato il credito residuo dell'attore, previa rivalutazione degli acconti pagati dall'assicuratore.
I dieci principi sul danno alla salute
Da qui il ricorso per cassazione del danneggiato, spiegato in ben 11 motivi di doglianza, alcuni dei quali ritenuti fondati dalla Suprema corte che, nel dettaglio, ha depositato una corposa decisione, enucleando "per maggior chiarezza" il decalogo sul danno alla salute sopra riferito, riassunto nei seguenti punti:
1. l'ordinamento prevede e disciplina soltanto due categorie di danni: quello patrimoniale e quello non patrimoniale;
2. il danno non patrimoniale (come quello patrimoniale) costituisce una categoria giuridicamente (anche se non fenomenologicamente) unitaria;
3. per "categoria unitaria" si intende che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole e ad i medesimi criteri risarcitori (articoli 1223, 1226, 2056, 2059 c.c.);
4. nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve sia prendere in esame tutte le conseguenze dannose dell'illecito sia evitare di attribuire nomi diversi a pregiudizi identici;
5. in sede istruttoria, il giudice deve procedere ad un articolato e approfondito accertamento, in concreto e non in astratto, dell'effettiva esistenza dei pregiudizi affermati (o negati) dalle parti, “all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, opportunamente accertando in special modo se, come e quanto sia mutata la condizione della vittima rispetto alla vita condotta prima del fatto illecito; utilizzando anche, ma senza rifugiarvisi aprioristicamente, il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, e senza procedere ad alcun automatismo risarcitorio”;
6. a fronte di un danno permanente alla salute, è da intendere come duplicazione risarcitoria “la congiunta attribuzione d'una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e l'attribuzione d'una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamico-relazionale”;
7. a fronte di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (secondo il sistema cosiddetto "del punto variabile") si può aumentare “solo in presenza di conseguenze dannose de/tutto anomale ed affatto peculiari”. Inoltre, le conseguenze dannose “normali e indefettibili” secondo l'id quod plerumque accidit non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento;
8. non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione d'una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e d'una ulteriore somma a titolo di risarcimento “dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (come, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)”;
9. nel caso venga correttamente dedotta ed adeguatamente provata l'esistenza d'uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, “essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione";
10. il danno non patrimoniale non derivante da una lesione alla salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto sia dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa - la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore- sia di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Questo, in ogni caso, “senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria”.
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